Carlo Cimino per Radio City Trieste
La tappa del tour di Steve Hackett che Mercoledì 20 Luglio, con l’organizzazione di Azalea Promotion, è andata in scena alla diga Nazario Sauro di Grado poteva essere una trappola.
Eh, si. Intanto il nostro, signore di sessantasei anni suonati poteva giocare sul nome e sulla maestria a tenere il palco per intrattenere un pugno di fans ben disposti ad ascoltarlo.
E poi la caratteristica del tutto originale dello spettacolo “Acoustic Trio” era un grande rischio per chi andava ad assistere allo show. Difatti alcune file di posti erano state tolte rispetto al precedente “The best of Jethro Tull” di soli quattro giorni prima, e quindi anche i biglietti venduti erano di meno.
Tuttavia qui non stiamo parlando di un’acerba stellina di X Factor ne di un marpione che va sul sicuro e conta tutto sulla sua presenza scenica e sul mestiere per timbrare il cartellino e portarsi a casa un facile cachet (vedi Ian Anderson). Qui parliamo di un mostro sacro, dell’inventore del sound dei Genesis degli anni settanta, un artista che ha accettato di rischiare in prima persona presentando anche pezzi inediti.Dei cinque Genesis lui ormai è l’unico che produce ancora qualcosa di dignitoso, gli altri (Peter Gabriel a parte per il quale sospendiamo il giudizio) sono oramai “non pervenuti”.
Lui no. Si presenta sul palco da solo e attacca dieci minuti di solo guitar rischioso, perché adatto ai soli tecnici dello strumento. Ci infila anche i suoi eterni classici, “Horizons” e “Blood On The Rooftops”, ma è la parte centrale del concerto la più interessante. Entrano due fedelissimi sodali, il tastierista Roger King e il fiatista Rob Townsend, munito di due flauti, un oboe e un ottavino di cui fa largo uso. I pezzi sono quelli meno elettrici di Steve, ovviamente. Così in successione possiamo ascoltare un estratto da “Supper’s Ready”, “After The Ordeal”, una sorprendente ed emozionante “Hairless Heart”, ma pure le elettriche “Jacuzzi”, da “Defector” e una bellissima versione di “Ace Of Wands” dove, le parti di chitarra elettrica sono eseguite da Townsend ai fiati e la canzone è automaticamente trasformata in acustica senza perdere nulla della sua forza originale.
Non mancano neppure l’immancabile intro di “Firth Of Fifth” e due rivelanti pezzi nuovi, dal disco che il nostro ha in uscita: “The House Of The Faun” e “Walking Away From Rainbows”.
Insomma, un ora e mezza per un pubblico interessato e compiaciuto, anche dalla simpatia di Hackett, lontanissimo dal timido barbuto chitarrista che si nascondeva dietro alla sei corde ai tempi dei Genesis. Oggi Steve parla, scherza, si bea della presenza del pubblico e osa, come detto, una scaletta impegnativa, che copre i suoi lavori migliori, “Voyage Of The Acolyte”, “Spectral Mornings” e “Defector”, ma anche medley di pezzi classici di Bach.
Tutto bene? Se dovessimo trovare un difetto, forse avrebbe potuto sfruttare la bravura di Roger King ed eseguire anche qualche pezzo cantato, e poi la scelta della scaletta avrebbe potuto essere migliore, termina da solo con King alle tastiere e senza Townsend che, a mio parere avrebbe nobilitato il bis che appare un poco deboluccio.
Comunque a noi agguerriti Fans la serata è stata un altro tassello positivo della carriera di Hackett, in attesa del nuovo disco che, viste le premesse, promette di essere veramente ottimo.
Steve Hackett – Diga Nazario Sauro – Grado (GO)
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