In collaborazione con TSportintheCity – articolo di Francesco Freni
TRIESTE – Dai botti di mercato alla bomba societaria è un attimo: quando tutti, stufi di basket chiacchierato e del sonnacchioso caldo agostano, attendevano solo l’inizio della preparazione, con la consueta curiosità di vedere all’opera i nuovi arrivati e l’impazienza di iniziare la nuova avventura in Serie A, primo vero atto del tanto sbandierato progetto pluriennale con il quale si erano presentati i soci di CSG ed in particolare l’ormai ex presidente Richard De Meo, arriva del tutto imprevista l’uscita di scena dell’intero gruppo di investitori che possedevano il pacchetto azionario di CSG, a sua volta controllante del 100% di CSG Italia la quale, infine, possiede il 99% delle quote della Pallacanestro Trieste.
CSG e CSGI rimangono, oggi come ieri, proprietarie del club, però tutte le loro quote sono state acquisite dall’ultimo socio accolto nella compagine, quel Paul Matiasic entrato in corso d’opera nell’operazione e che ora ne diventa anche l’unico protagonista.
La partecipazione dell’avvocato californiano di origini istriane/friulane alla Summer League assieme a Michael Arcieri e Jamion Christian, assieme al fatto che era già da aprile titolare della percentuale maggioritaria di quote della società, può essere letto, a posteriori, come una labile avvisaglia di ciò che stava maturando, ma la repentinità dell’operazione che di fatto mette fine al progetto per come era stato prospettato, oltretutto subito dopo aver riconquistato il palcoscenico per il quale era stato concepito, lascia tutti sorpresi e a dir poco sconcertati. La qualità del mercato ed il livello della squadra allestita, evidentemente con l’avvallo del nuovo presidente (allora ancora in pectore) lancia segnali confortanti per il presente più che per il futuro: per quello, ci sarà modo di ascoltare le parole del proprietario, al di là dei proclami preconfezionati nei comunicati della prima ora, e soprattutto la riprova dei fatti con il passare dei mesi.
Le capacità di attrarre capitali da investire nello sport, mission di CSG, era l’idea iniziale degli ex studenti di Wharton, che evidentemente hanno usato Trieste come incubatore del loro business.
Da chi, o che cosa, siano stati convinti a desistere dopo solo pochi mesi, al netto di una inattesa retrocessione cui si è peraltro posto rimedio in tempi rapidissimi, non è dato sapere ed è una informazione che, nella sua interezza, sarà ben difficile da ottenere, sebbene il fatto che anche la miglior business school d’America non fornisca in dote il sangue freddo necessario per affrontare nel mondo reale la copertura di stagioni in forte perdita economica, versando dollari veri, potrebbe aver avuto la sua influenza.
Di certo, l’unico proprietario dovrà far fronte da solo (ed al momento senza un main sponsor) ad una gestione prevedibilmente deficitaria dal punto di vista finanziario, e pur considerando le presumibilmente facoltose possibilità economiche di un potente avvocato californiano, alla guida anche di altre iniziative imprenditoriali, non è plausibile che possa farsi carico da solo di budget milionari da spendere nell’estremo lembo orientale di un paese lontano 10.000 chilometri dall’epicentro dei suoi interessi economici, anche se vicinissimo al suo cuore ed alla sua eredita storica.
Il comunicato societario, al di là dei ringraziamenti e dell’entusiasmo di facciata ed una generica assicurazione sul fatto che i proprietari uscenti rimarranno investitori nel club (senza però spiegare a che titolo), non chiarisce tale cruciale aspetto, che però sarà la chiave di volta per il basket di vertice triestino.
Di buono c’è che Matiasic sia legato a doppio filo a questa terra grazie alle origini istriane e pordenonesi dei suoi nonni, che l’orizzonte del progetto di CSG ora sia dichiaratamente focalizzato esclusivamente sulla pallacanestro triestina, che l’avvocato di San Francisco non possa non aver stilato un business plan prudenziale (e dunque sia ben conscio dell’impegno economico che lo aspetta e ciò nonostante non abbia desistito), e, particolare da non sottovalutare, che venga garantita continuità se non altro dal punto di vista sportivo con la permanenza di Michael Arcieri, che oltre a rimanere GM siederà anche in consiglio di amministrazione assieme allo stesso presidente ed a Connor Barwin, unico esponente della vecchia proprietà a non uscire di scena, almeno dal punto di vista gestionale.
Le precedenti esperienze del club triestino guidato dalle cosiddette “proprietà forti”, concentrate nelle mani di singoli imprenditori, da Bepi Stefanel a Frank Garza e Luigi Scavone, suscitano qualche brivido sulla schiena di chi segue da qualche anno le alterne vicende del basket triestino.
Ora però la missione della città è quella di sostenere in tutto e per tutto il nuovo presidente, che merita senza riserve la fiducia e l’incoraggiamento di tutti, la squadra e la società, a partire da una risposta importante alla campagna abbonamenti, partita in modo entusiastico ma ancora tiepida in termini numerici.
Il sostegno della piazza non può che creare un circolo virtuoso che potrebbe fungere da calamita per un nuovo allargamento della compagine societaria, così come la nazionalità della proprietà e della conduzione del settore sportivo è stata per i giocatori americani di prima fascia che hanno accettato di buon grado di sposare la missione biancorossa.

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Crediti: tutte le immagini sono tratte dal profilo Facebook ufficiale della Pallacanestro Trieste