In collaborazione con TSportintheCity – articolo di Francesco Freni

GIVOVA SCAFATI – PALLACANESTRO TRIESTE: 107-110
GIVOVA SCAFATI: Gray 30, Sangiovanni n.e., Zanelli, Anim 7, Ulaneo 5, Sorokas 13, Borriello n.e., Miaschi 2, Pinkins (k), Cinciarini 13, Stewart 29, Jovanovic 8.
Allenatore: D. Pilot. Assistenti: D. Chiariello.
PALLACANESTRO TRIESTE: Bossi n.e., Ross 25, Reyes n.e., Deangeli (k), Uthoff 17, Ruzzier 4, Campogrande, Candussi 10, Brown 17, Brooks 10, Valentine 27.
Allenatore: J. Christian. Assistenti: F. Taccetti, F. Nanni, N. Schlitzer.

Arbitri: Sahin, Gonella, Catani.

SCAFATI – Alla fine, come da copione, la speranza di vedere finalmente la squadra al completo in Campania rimane una pia illusione: per l’ennesima volta dall’inizio del campionato un contrattempo priva Jamion Christian di un giocatore fondamentale, il suo pivot titolare fermato da un attacco di gastroenterite, con Justin Reyes sceso con la squadra in Campania in una delle trasferte più lunghe dell’anno solo per onor di firma.
Ma questa squadra, come sempre, sa fare di necessità virtù, sbanda, sbaglia, fa arrabbiare coach, GM e tifosi, ma si riprende quando serve e conquista il pass per le finali di Coppa Italia di Torino con una giornata di anticipo.
Vittoria niente affatto scontata anche sul campo di una squadra dal rendimento altalenante ed in affanno in graduatoria, specie in una giornata che, con numerosi risultati a sorpresa, dimostra che in questo campionato nessuno può dare nulla per scontato.
Niente male per una neopromossa, che come l’altra nuova invitata al gran ballo, delle classiche caratteristiche della neopromossa ha davvero ben poco.
Proprio l’assenza di Jayce Johnson, che avrebbe dato a Trieste un vantaggio strategico nel pitturato costringendo gli avversari, Pinkins e Jovanovic compresi, a ruotare prevalentemente lontano dal ferro, crea per gran parte del primo tempo una falla clamorosa a livello difensivo, con il piano “B” (Brooks e Uthoff ad alternarsi da 5) incapace di contenere l’evidente sbilanciamento fisico a favore dei lunghi gialloblu.La squadra di coach Pilot è bravissima nell’approfittare dei mismatch nel pitturato, continuando a servire il giocatore serbo, Sorokas, Ulaneo vicino a canestro ottenendo un fatturato clamoroso fatto di percentuali da due irreali, e costringendo Trieste a collassare spesso nel pitturato lasciando praterie di libertà sul perimetro ai letali tiratori gialloblu puntualmente raggiunti dagli extrapass di Cinciarini e Gray.
L’ingresso di Francesco Candussi, se non altro, ferma l’emorragia difensiva che a un certo punto pareva irridente, e l’infortunio alla caviglia di Pinkins riequilibra definitivamente il conto delle assenze, consegnando l’esito della partita nelle mani degli esterni.
Ma Trieste continua a disputare una partita difensiva ai limiti dell’inguardabile: distratta, disorganizzata, lenta, poco intensa soprattutto in rapporto alla grande motivazione dei padroni di casa, decisi a piazzare già da subito un break tramortente da poter tentare di amministrare nel secondo tempo.
Non che le cose vadano particolarmente meglio in attacco: Colbey Ross è inconcludente in quanto a produzione di punti, anche se sembra più attento rispetto all’insufficiente prestazione contro Venezia.
Uthoff disputa probabilmente la peggior partita da quando è arrivato a Trieste, pre season compresa: battuto regolarmente nell’uno contro uno soprattutto da Stewart, pasticcia in attacco e soprattutto non trova mai, ma proprio mai, la via del canestro nemmeno quando la squadra riesce a costruire i “suoi” tiri.
I comprimari non incidono in alcun modo, ed anzi la loro evidente scarsa consuetudine ai movimenti offensivi durante la partita li porta a sovrapporsi ai compagni, a generare attacchi confusionari ed improduttivi, togliendo ritmo e razionalità sui due lati del campo.
La squadra campana, però, specie quando perde Pinkins non riesce più ad approfittare della superiorità numerica fra i lunghi e si affida quasi esclusivamente alle invenzioni degli imprendibili Gray e Stewart ed agli illuminanti quanto estemporanei assist di Cinciarini risultando spesso battezzabile.
Trieste, dal canto suo, pur con le rotazioni corte ed ulteriormente accorciate dalle assenze, è dotata di tale tasso di talento che riesce sempre a trovare un elemento capace di invertire l’inerzia, caricarsi la squadra sulle spalle prendendosi responsabilità in momenti cruciali nei quali la partita è ad un bivio fra diventare un monologo dal risultato già scritto a venti minuti dal termine e tornare a mettere in palio i due punti.
A Scafati (come peraltro già successo in passato) questi giocatori rispondono al nome di Jeff Brooks e Denzel Valentine. Il primo, a 35 anni, raggiunge i 40 minuti di impiego, ricopre ogni ruolo sia necessario coprire e lo fa in modo credibile, continua ad esprimere un basket essenziale e semplice ma efficacissimo, prende le decisioni giuste e ci mette anche grandissima sostanza, finendo con una eloquente doppia doppia da 10 punti (fra cui due liberi decisivi nel finale del supplementare) e 14 rimbalzi.
L’importanza dell’ex Reyer, però, va ben al di là dei dati statistici: è il vero equilibratore della squadra, una specie di longa manus del coach in campo, coach lui stesso prodigo di consigli e, se serve, rimproveri ai compagni. Di gran lunga il miglior acquisto del mercato estivo biancorosso.
Il barbuto chitarrista, dal canto suo, pur rimanendo spesso svagato ed indolente in difesa come il resto della squadra, è un serpente velenosissimo in attacco.
Tiene da solo la sua squadra sostanzialmente a contatto di Scafati, ricuce il pesante gap allargatosi fino al -15, distribuisce la sua produzione offensiva nell’arco dei 45 minuti e piazza i cinque punti che, alla fine del supplementare, si rivelano quelli della vittoria (una bomba fuori ritmo con la mano di Cinciarini in faccia ed entrambi i liberi conquistati subendo fallo a rimbalzo).
I suoi 27 punti comunque, costituiscono le fondamenta della vittoria: giocatore che, quando vuole e riesce a rimanere concentrato senza esagerazioni spettacolari, a questi livelli risulta immarcabile.
Dopo i 54 punti subiti nel primo tempo ed una sosta in spogliatoio durante la quale coach Christian deve aver perso completamente la voce, ci si poteva aspettare una reazione in difesa, una elevazione dell’intensità e della concentrazione nell’evitare le scorribande solitarie di due ottimi giocatori che, però, sono sempre quelli. Nulla di tutto ciò accade fino in fondo, almeno non in modo continuativo.
Scafati continua ad abusare a piacimento del pitturato triestino, andando spessissimo ad appoggiare al ferro e, ciò che più pesa, ottenendo numerosi “and one” sanguinosi quanto ingenui da parte biancorossa.
Il terzo quarto è, però, quello nel quale Markel Brown dimostra tutta la sua esperienza e la sua intelligenza cestistica, andando a provocare ben 4 falli offensivi che di fatto estromettono dall’incontro Jovanovich e Ulaneo.
Ciò che cambia, però, è soprattutto la metà campo offensiva, dove Trieste si convince a ragionare di più, a costruire tiri più sensati e meno estemporanei, con la conseguenza che le percentuali si alzano sensibilmente soprattutto dalla lunga distanza.
Anche Uthoff, fin lì silente ed ormai rassegnato al primo vero “piccone” in pagella, dopo aver sbagliato in modo banalissimo conclusioni anche da vicinissimo a canestro ed aver preso la targa agli esterni scafatesi che lo abusavano nell’uno contro uno, si ricorda di essere “Ice Man” e piazza due bombe ed un canestro che, pur non riuscendo a scavare un break decisivo, permettono a Trieste di ricucire definitivamente lo svantaggio (che a poco più di 5 minuti dalla fine del quarto quarto era in doppia cifra), e poi di mettere il naso avanti proprio quando più conta.
Talento diffuso dicevamo: l’odore del sangue risveglia anche Colbey Ross, letale anche nel prendere decisioni come la richiesta di un Instant replay dopo aver commesso un sanguinosissimo fallo di sfondamento che frutta un cambio di decisione e due tiri liberi che è freddissimo nel trasformare nonostante le scomposte proteste del pubblico campano.
La differenza, alla fine, la fanno proprio il numero di triple segnate (ben 16) ed il dominio assoluto a rimbalzo, sfida vinta 49 a 32 con ben 21 carambole conquistate in attacco che fruttano seconde e talvolta terze chance, neutralizzando le migliori percentuali sia da due che da tre punti realizzate da Scafati, ma relative ad una marea di possessi in meno.
Alla fine sono 6 su 8 i giocatori triestini scesi in campo ad andare in doppia cifra (con i soliti due Uthoff e Brooks in doppia doppia), con cinque giocatori impiegati per 34 o più minuti, segno che per ora, per vincere, puoi anche limitarti a distribuire le responsabilità su un numero limitato di elementi affidabili, a patto che siano dotati di talento ed esperienza come quelli triestini.
Che questo possa essere sufficiente quando il target si alzerà e comprenderà la conquista di obiettivi prestigiosi, il prossimo dei quali si chiama Coppa Italia, non lo sappiamo e non ne saremmo così sicuri specie leggendo il roster delle dirette avversarie, ma intanto il primo traguardo parziale della stagione, quello di finire almeno fra le prime otto al termine del girone d’andata, è negli archivi come del resto tutti quelli prefissati dal club dall’estate 2023 in poi.
Ora una vittoria su Pistoia potrebbe regalare un piazzamento ancora più prestigioso, che sarà fondamentale, al di là della griglia per le Final Eight che comunque vada vedrà Trieste opposta già nei quarti ad una squadra di profilo elevatissimo, per affrontare con maggiore serenità ed animo leggero un inizio di girone di ritorno che ha in serbo due trasferte dal tasso di difficoltà discreto a Reggio Emilia e Milano.
L’avevamo fatto domenica scorsa contro Venezia, non possiamo evitare di farlo stasera specie alla luce della rumorosa reazione del presidente gialloblu che in una colorita sceneggiata di sapore partenopeo lamenta al ritmo di manate sul tavolo un supposto trattamento indecoroso riservato alla squadra di casa dal trio in grigio, con il profilo ufficiale del club che pubblica addirittura un filmato frettolosamente confezionato evidenziando con sottotitoli autoprodotti i supposti torti subiti ribaltando puntualmente la decisione presa sul campo.
Parlare dell’arbitraggio risulta esercizio noioso e ripetitivo, ma talvolta diventa inevitabile quando le decisioni dei giudici di gara sono indiziate di indirizzare il risultato di un incontro.
Che il livello degli arbitri in LBA sia talvolta sotto la sufficienza, che il gradimento da parte dei tifosi delle squadre di seconda fascia specie dopo le evitabilissime quanto discutibili esternazioni divenute virali da parte di Luigi Lamonica nemmeno censurate dai vertici federali sia ai minimi storici, che talvolta le manie da protagonismo che caratterizzano certi fischi specialmente di alcuni arbitri più esperti li espongano a polemiche e critiche di ogni tipo, sono fatti incontrovertibili divenuti ormai mantra abusati in ogni campionato di serie A da vent’anni a questa parte.
Non si può onestamente affermare che molti dei fischi su episodi dubbi che il trio Sahin, Gonella e Catani ha dovuto prendere nel corso di una partita tesa, sporca, equilibratissima ed a tratti nervosissima abbiano particolarmente tutelato la squadra di casa, né ci si poteva aspettare un tanto, dal momento che la decisione che va presa deve essere quella giusta, non quella che il pubblico reclama a gran voce.
Lo sgradevole sfogo in sala stampa del patron Longobardi fa rimpiangere l’aplomb distaccato con il quale GM e coach triestini avevano liquidato l’argomento domenica scorsa al termine della sfortunata partita con Venezia.
E comunque, ogni singola decisione presa dopo l’analisi dell’instant replay appare corretta, compreso lo sfondamento di Colbey Ross trasformato in fallo della difesa perchè un piede di Stewart toccava la linea dello smile che per regolamento neutralizza i falli in attacco, per non parlare di tutte le rimesse assegnate a Trieste, frutto di deviazioni del difensore di Scafati talmente evidenti che pare impossibile non siano state notate già in diretta.
Semmai, Trieste potrebbe discutere su un fallo su tiro da tre di Gray in cui il tiratore si sporge andando a cercare il contatto, costato tre tiri liberi anziché una normale rimessa laterale.
Ci si potrebbe anche chiedere come mai ad Andrea Cinciarini viene concesso di protestare per ogni singola decisione arbitrale per 45 minuti senza che gli venga comminato un fallo tecnico (come peraltro succede ad ogni singolo giocatore triestino ed a coach Christian in ogni singola partita).
Unico episodio dubbio potrebbe essere il presunto fallo in attacco di Ross che fa cadere Gray nell’ultima azione del quarto quarto, anche se gli arbitri probabilmente valutano una presunta accentuazione della caduta da parte del difensore (che stava scivolando accanto all’attaccante) derivante da un contatto non particolarmente evidente: poteva essere fallo, come non esserlo, ed in ogni caso l’episodio non si rivela decisivo.
E’ chiaro che ognuno la vede come gli conviene, e perdere l’ennesima partita all’overtime dopo aver segnato nuovamente più di 100 punti in casa eleva il nervosismo e la frustrazione all’ennesima potenza così come vedersi inesorabilmente risucchiati nella lotta per la salvezza, ma francamente ci teniamo stretti la classe anglosassone che in situazioni analoghe, od anche più gravi, ha sempre caratterizzato il comportamento del club biancorosso.

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Crediti: foto Panda Images