UDINE – Parlare di John Mayall significa raccontare di un gigante, di un mito che ha fatto la storia della musica.
Grazie a lui e a Alexis Korner, il mondo musicale ha avuto “materia prima” per crescere e moltiplicare.
Non per nulla è stato nominato The Godfather of the British Blues (il padrino del Blues Britannico), realizzando dischi uno dietro all’altro già a partire dal 1965 ed anche scoprendo di grandi talenti come Eric Clapton, Mick Taylor e Peter Green.
Andare a vedere uno di questi personaggi oramai non più giovani (ottantacinque primavere e ancora “on the road”), significa stare davanti ad un’autentica leggenda vivente.
Pochi, arrivati a questo punto, possono avere ancora qualcosa da dire e, in certi casi, ci si trova ad assistere solamente ad una celebrazione del personaggio.Le cronache che sono riuscito a consultare raccontano di Mayall già in Regione al Palazzetto dello Sport di Gorizia il 15 dicembre del 1982, con uno svogliatissimo (così ricordano i presenti) ma eccezionale Mick Taylor a suonare la chitarra seduto a bordo palco.
Poi fu la volta di Trieste al Castello di San Giusto ed era l’estate del 1984, più precisamente il 13 luglio.
In quell’occasione si presentò nel Capoluogo con i Bluesbreakers, sua creatura fondata e sciolta in diverse occasioni.
Esattamente vent’anni dopo arrivò al Castello di Udine nell’ambito del Folkest, e per l’occasione, con gran sorpresa dei presenti, sul palco assieme a lui per il brano di apertura e altri due in chiusura, come special guest, alla chitarra si esibì Rudy Rotta, Bluesman italiano molto apprezzato in tutto il mondo durante la sua carriera.
Ulteriore nota per questa passata tappa va rivolta alla band, in quanto era la stessa massiccia formazione che l’anno prima aveva accompagnato Mayall per il concerto celebrativo dei suoi primi settant’anni, occasione alla quale presero parte anche i suoi già citati pupilli Clapton e Taylor.
Ma torniamo alla serata di Udine di questo inizio primavera, quando è andato in scena un autentico evento e per il quale abbiamo trovato al Teatro Nuovo Giovanni da Udine un folto pubblico di musicofili e amanti del Blues che non si sono lasciati sfuggire questa ghiotta opportunità offerta dall’ottima organizzazione a cura di Azalea.
Il ruolo del supporter in queste occasioni è veramente un incarico di responsabilità. Devi essere all’altezza della situazione, reggere il confronto con la big star e soddisfare gli spettatori che non si accontenteranno facilmente.
Saggiamente nel nostro caso la scelta è caduta sul sardo Francesco Piu, ottimo chitarrista del genere, che ha provveduto a riscaldare il pubblico come si deve.
Non per nulla nel 2017 è stato scelto pure lui come interprete da inserire nella compilation The Blues Master: an italian tribute, una raccolta di brani di artisti storici del Blues risuonati da nomi eccellenti del Bel Paese come Guido Toffoletti, The Cyborgs e il nostro orgoglio cittadino Mike Sponza (presente anche lui tra il pubblico), che per questo tributo discografico ha rivisitato un brano dello stesso Mayall dal titolo Little girl.
La serata è proseguita poi con il tanto atteso John Mayall, uno che non si è mai fermato nella sua carriera, uno che ha speso tutta la sua vita per la musica.
In questo passaggio in terra friulana Mayall, tra ovazioni e applausi, ha presentato il suo ultimo disco da studio dal titolo Nobody told me pubblicato lo scorso febbraio, disco ricco di collaborazioni (Joe Bonamassa e Steven Van Zandt solo per citarne due), suonando The moon is full e altre perle della sua ricca carriera come Dirty water, One life to live, So many roads e Chicago line estratto addirittura dal suo primo disco.
In totale dodici brani in scaletta per una durata di poco meno di due ore di spettacolo, alternandosi, come ben ci ha abituati, tra piano elettrico ed Hammond, chitarra ed armonica, mentre ad accompagnarlo abbiamo trovato una band di tre elementi tra i quali spicca senza dubbio Carolyn Wonderland, ottima chitarrista e cantante con buona voce a tratti molto graffiante.
Alla fine, per niente stanco, John Mayall si è concesso al pubblico per una tranquilla serie di autografi per tutti.
Indubbiamente una grande serata che difficilmente si ripeterà, facendo pentire amaramente chi purtroppo non c’era.
Cristiano Pellizzaro per RadioCityTrieste
Foto di Fabrice Gallina