Jan AndersonIl vecchio Ian non è rimasto fermo ai gloriosi settanta, come altri suoi colleghi. Lo spettacolo ricchissimo di diapositive e filmati verteva sull’ultimo lavoro del nostro, “Homo Erraticus”. Ma di questa opera Ian centellina appena quattro o cinque canzoni, consapevole che il pubblico sta aspettando con ansia “The best of…” La scaletta: Si comincia con “Mother Goose”, brano poco eseguito dal vivo (io non l’avevo mai ascoltata). Segue la classicissima “Bouree”, poi un altrettanto inedita “Living in The Past”. Sullo sfondo si alternano foto e immagini video di un giovanissimo Ian che esegue dal vivo lo stesso brano in esecuzione, un trucchetto che aveva già usato Roger Waters nel suo “The Wall”. Un orologio scandisce l’anno del brano successivo. “Thick As A BRick”, inflazionata nei concerti, questa, “Nothing Is Easy” anch’essa per me inedita, e “Cross-Eyed Mary”. Segue “Sweet Dream”, “Teacher” e un incredibile riproposizione di un tabù personale di Anderson, quella “Critique Oblique” che fu l’embrione di “A passion play”. Ian recrimina che la critica fu spietata con questo lavoro ma a lui piaceva. E io sono d’accordo.
Piccola parentesi rock con “Too old to rock’n’roll too young to die” e in rapida sequenza “My God” e “Aqualung”. Bis con l’immortale “Locomotive Breath.
Ora i componenti la lineup:
JOHN O’HARA, tastiere. Non ha un compito semplicissimo, far dimenticare i vari tastieristi dei Tull che si sono divisi le glorie degli anni passati, ma lo fa molto bene.
DAVID GOODIER, basso. Molto bravo, con il batterista SCOTT HAMMOND tengono in piedi la sezione ritmica senza esitazioni.
RYAN O’DONNELL, il giovane cantante attore è una presenza sul palco. Deve aiutare IAN che non ce la fa più con la voce, e, se devo fare un commento sincero, è forse stato l’anello debole del gruppo, soprattutto nel canto. Serata storta, forse, perché nello show di “Thick As A Brick 2” mi era piaciuto moltissimo.
FLORIAN OPAHLE, infine, il chitarrista è da anni con IAN, ma l’altra sera mi ha stupito per autorità e presenza tecnica e scenica, non fa rimpiangere Martin Barre, un grande soprattutto nell’asolo di Aqualung!
IAN ANDERSON, che dire? Grande, coraggioso, instancabile leone, la voce non c’è più, ma il concerto risulta eccellente soprattutto per la sua incredibile presenza istrionica. Quando uno il charisma ce l’ha, ce l’ha e basta!
Carlo Cimino