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News dalla radio

In collaborazione con TSportintheCity – articolo di Francesco Freni

PALLACANESTRO TRIESTE – AQUILA BASKET TRENTO: 79-82
Trieste: Obljubech n.e., Reyes 0, Deangeli (k), Uthoff 7, Ruzzier 25, Campogrande n.e., Candussi 3, Brown 21, Brooks 0, McDermott 2, Johnson 2, Valentine 19.
Allenatore: Jamion Christian. Assistenti: Francesco Taccetti, Francesco Nanni, Nick Schlitzer.
Trento: Ellis 11, Cale 10, Ford 7, Pecchia 10, Niang 10, Forray, Mawugbe 8, Lamb 18, Zukauskas 8, Hassan.
Allenatore: Paolo Galbiati. Assistenti: Fabio Bongi, Davide Dusmet.

Arbitri: Lanzarini, Lo Guzzo, Gonella.

TORINO – Non è sufficiente un monumentale Michele Ruzzier da 25 punti e 24 di valutazione a dare l’ultimo pennello ad un’opera d’arte che rimane incompiuta. Trieste in semifinale contro una Trento più lunga, più strutturata, costruita per competere da protagonista in Europa e reduce da cinque vittorie consecutive in un campionato che sta dominando, inizia (come contro Trapani) barcollando, non trova il modo di costruire con raziocinio in attacco e non trova contromisure al dominio incontrastato degli avversari nel proprio pitturato, specie quando approfittano degli incerti aiuti dei lunghi biancorossi sul perimetro che liberano autostrade sotto canestro.
Ma la squadra triestina trova comunque il modo di non venire travolta, finisce sì sotto anche di 12 punti con l’inerzia totalmente in mano ad un’Aquila che sembra in grado di chiudere i giochi già nel primo tempo, ma riesce in un modo o nell’altro, affidandosi più ad iniziative sporadiche ed individuali di Denzel Valentine e Markel Brown che ad un gioco corale ed organizzato, a rimanere in scia, limando un po’ il gap fino a chiudere il primo tempo a distanza di partita apertissima. Trieste paga la poca chiarezza nel riassestare le gerarchie fra i piccoli in assenza di Colbey Ross, sebbene già nei primi venti minuti si intravvedano i presupposti della serata di grazia del playmaker triestino, ben deciso ad imporsi come vero padrone della squadra.
Le otto palle perse in venti minuti dai biancorossi descrivono con precisione il caos offensivo generato dai riassestamenti nella costruzione del gioco. (altro…)

In collaborazione con TSportintheCity – articolo di Francesco Freni

PALLACANESTRO TRIESTE – TRAPANI SHARK: 74-72
Trieste: Obljubech n.e., Reyes 4, Deangeli (k), Uthoff 4, Ruzzier 11, Campogrande n.e., Candussi 11, Brown 9, Brooks 10, McDermott 3, Johnson 11, Valentine 11.
Allenatore: Jamion Christian. Assistenti: Francesco Taccetti, Francesco Nanni, Nick Schlitzer.
Trapani: Notae 4, Horton 11, Robinson 17, Rossato 4, Alibegovic 18, Galloway 4, Petruccelli, Yeboah 2, Mollura (k) n.e., Gentile 2, Brown 9, Eboua 1.
Allenatore: Jasmin Repesa. Assistenti: Andrea Diana, Alex Latini, Isaac Jenkins.

Arbitri: Sahin, Bartoli, Dori.

TORINO – Quando qualcuno si chiede perché, nell’estate che segna il kickoff di un nuovo ciclo, un progetto duraturo che porti la Trieste cestistica nel futuro, uno degli scout più esperti d’Europa va a scegliere come primo tassello un giocatore trentaseienne che nelle ultime stagioni aveva mestamente sventolato asciugamani in una palestra mestrina, può mettersi comodo e riguardarsi l’intero quarto di finale giocato da Jeff Brooks contro Trapani, di cui la rubata ed il buzzer beater vincente sono solo la punta dell’iceberg.
Brooks la Coppa Italia l’ha già vinta due volte, ma non è solo la sua esperienza in questo genere di partite senza un domani a renderlo a mani basse il match winner del quarto di finale contro Trapani.
Non lo sono nemmeno le fredde statistiche che riporta il tabellino a fine partita, che a ben vedere non parla di una prestazione numericamente clamorosa.
Invece, vederlo catechizzare i compagni più indisciplinati durante i time out (Denzel Valentine), vederlo dialogare in campo con i go-to men per dare loro coraggio o dare preziose indicazioni, lo rendono il leader occulto, l’allenatore in campo, un vero e proprio tesoro cestistico restituito nella parte finale della sua carriera alla pallacanestro italiana. (altro…)

In collaborazione con TSportintheCity – articolo di Francesco Freni

PALLACANESTRO BRESCIA – PALLACANESTRO TRIESTE: 93-90
Pallacanestro Brescia: Bilan 20, Ferrero, Dowe 5, Della Valle 16, Burnell 22, Tonelli n.e., Ivanovic 8, Mobio 3, Rivers 12, Cournooh 7, Pollini n.e.
Allenatore: P. Poeta. Assistenti: M. Cotelli, G. Alberti, D. Moss.
Pallacanestro Trieste: Obljubech n.e., Reyes 9, Deangeli (k), Uthoff 12, Ruzzier 12, Campogrande n.e., Candussi 14, Brown 20, Brooks 6, McDermott, Johnson 4, Valentine 13.
Allenatore: J. Christian. Assistenti: F. Taccetti, F. Nanni, N. Schlitzer.

Arbitri: Gonella, Noce, Lucotti.

BRESCIA – Partita tecnicamente impeccabile? Assolutamente no. Errori, difese (soprattutto quella triestina in avvio di partita) in affanno, ingenuità da una parte e dall’altra, qualche palla persa di troppo.
Ma, anche, tantissima intensità, fiammate e controfiammate, i go-to men che fanno, per l’appunto, i go-to men sui due lati del campo, thrilling fino alla sirena finale con il risultato sempre in bilico.
Ed anche tanto, tantissimo pathos, con nessuna delle due squadre disposta ad arrendersi, ad arretrare di un passo, una ventina di giocatori ad affrontarsi a muso duro senza mai eccedere nell’agonismo e nella cattiveria, ma costantemente determinati a non arretrare di un centimetro.
Due squadre che esprimono una filosofia di pallacanestro opposta fra loro, una sorta di “guerra dei mondi”: più tradizionale e prevedibile, ma con un tasso di efficacia ineguagliabile quella bresciana, basata sul semplice gioco alto-basso, palla a Bilan e dieci secondi di palleggi che si concludono alternativamente con il pallone in fondo alla retina dopo essere stato rilasciato a venti centimetri di distanza, oppure con il passaggio a una mano sul perimetro verso il compagno lasciato libero da una difesa che inevitabilmente collassa nel pitturato attorno al totem croato oppure con l’assist preferibilmente ad un Jason Burnell che accorre dal lato debole a beneficiare dell’effetto calamita esercitato dal maturo centro bresciano sull’intera retroguardia avversaria.
Meno prevedibile e più arrembante la filosofia triestina, giocata a 150 all’ora, con tantissime transizioni, la ricerca della conclusione entro i primi dieci secondi di ogni azione, lo sbilanciamento verso le conclusioni da oltre l’arco: certamente meno affidabile ma più moderna, meno prevedibile e, quando funziona, più spettacolare. Ma anche, quando non funziona alla perfezione, incapace di rivelarsi vincente. (altro…)

UDINE – Sono arrivati da lontano, dalla galassia dello Space Rock!
Cinque rappresentanti del loro pianeta sono atterrati a Udine, ed hanno fatto la loro comparsa al pubblico del capoluogo friulano attraverso lo sportello della loro astronave.
Da tempo non venivano a farci visita i Rockets, ed in tanti, per la maggior parte nostalgici dei primi incontri ravvicinati avvenuti in queste terre quasi mezzo secolo fa, hanno voluto salutarli e dare loro il benvenuto, riempiendo ogni posto del Teatro Nuovo Giovanni da Udine, per questa serata “spaziale” organizzata da Azalea.
Ambasciatori di pace ed emozioni cosmiche, a partire dagli indumenti, e dalle sembianze molto più terrestri, i Rockets sono mutati in tante cose rispetto ai loro primi viaggi interstellari.
Nonostante le evoluzioni strumentali avvenute da allora, i loro vecchi messaggi come Universal band, Electric delightOn the road again non perdono la loro bellezza, così come per One more mission, sostenuta dall’ottimo basso di Rosaire Riccobono, fido scudiero da tantissimi anni di Fabrice Quagliotti, unico membro storico oramai, rimasto a calcare il palcoscenico da tanti anni luce or sono.

The Finale Frontier Tour, questo il nome della nuova missione intergalattica dei nostri messaggeri interplanetari, vuole svelare al pubblico i brani del nuovo repertorio, composizioni molto più di stampo Rock tradizionale, quindi una matrice diversa rispetto all’originale, ma non per questo meno meritevoli di attenzione ed applausi da parte degli amici terrestri.
Due ore piene zeppe di storia e cuore, per raccontarci tutto il loro viaggio, passando anche per World on fire, e la nuova Cosmic Castaway realizzata con la partecipazione in studio di Alain Maratrat, e regalando a sorpresa Fils du ciel, pubblicata nel 1976 nel primo “Album Verde”, e non eseguita live da ben quarantacinque anni.
Da subito i terrestri hanno compreso ed accolto il loro messaggio universale, e non smettono di credere in loro, chiedendo a gran voce, prima della partenza, una delle prime supernova musicali, ovvero quella Galactica che ancora oggi fa impazzire gli abitanti del pianeta terra.

 

Cristiano Pellizzaro per Radio City Trieste
Foto di Alessandro Castorina

In collaborazione con TSportintheCity – articolo di Francesco Freni

PALLACANESTRO TRIESTE – BERTRAM DERTHONA TORTONA: 86-72
Pallacanestro Trieste: Obljubech n.e., Ross 24, Reyes 12, Deangeli (k), Uthoff 10, Ruzzier 5, Campogrande n.e., Candussi, Brown 7, Brooks 2, Johnson 9, Valentine 17.
Allenatore: J. Christian. Assistenti: F. Taccetti, F. Nanni, N. Schlitzer.
Bertram Derthona Tortona: Zerini n.e., Vital 9, Kuhse 5, Gorham 14, Candi 2, Denegri 6, Strautins 12, Baldasso 5, Kamagate 4, Biligha 4, Severini (k) 3, Weems 8.
Allenatore: Walter De Raffaele. Assistenti: G. Bassi, I. Squarcina, E. Rabbolini.

TRIESTE – Diciotto partite disputate, appena due con il roster al completo, una sola con Justin Reyes tornato ad assomigliare al giocatore che sette mesi fa aveva trascinato la squadra riportandola alla ribalta nazionale che merita.
Con Tortona, nella partita forse più importante fra quelle fin qui disputate, contro una squadra lunghissima e talentuosa, non per niente fra le top 16 in BCL, Trieste finalmente somiglia da vicino al meccanismo immaginato e realizzato durante l’estate scorsa da Mike Arcieri e Jamion Christian.
Perchè va bene dimostrare resilienza, va bene reagire alle avversità ed agli infortuni a ripetizione che le hanno costantemente impedito di giocare la pallacanestro più congeniale, va bene trovare sempre risorse supplementari e soluzioni tecniche in corsa, va bene dimostrare carattere ed affidarsi ai solisti.
Ma il meccanismo pensato e cesellato con attenzione certosina dalle mani di un artigiano dello scouting come Mike Arcieri mostra finalmente la sua disarmante precisione nel momento esatto in cui recupera anche l’ultimo, indispensabile tassello, un ingranaggio portoricano tornato a dimostrare la sua efficacia ben oltre le nude statistiche. (altro…)

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