MAJANO (UD) – Stasera ho deciso di addentrarmi in un esperimento antropologico, e lo faccio costringendo mio fratello minore Manuel a farsi quasi 3 ore di macchina per andare a vedere un concerto di una band che lui ignora completamente, non l’ha mai sentita nominare, non ha la minima idea né della loro provenienza, né del loro genere, e della quale band, a stento sa pronunciarne il nome, senza troppe storpiature: i FLOGGING MOLLY.
E ci sono pure delle aggravanti: la prima è che nemmeno io, nonostante il mio trentennale girovagare per mezzo mondo tra festival e concerti rock, non ho MAI avuto il piacere di vedere questa band esibirsi dal vivo, fatta eccezione per qualche spezzone live di youtube.
La seconda è che ci arriva un sms della protezione civile per un’allerta meteo proprio in quell’area del Friuli dove sono previsti tifoni e trombe d’aria.
Allora concedo l’opzione al mio caro fratellino che, in caso di forte maltempo o, ancor più malauguratamente, che lo show non sia di suo gradimento, noi si faccia immediato ritorno a casa.
La 64ma edizione del Festival di Majano è in piedi già da un mesetto e da qui son passati, e passeranno, tanti musicisti italiani, Venditti, Gigi D’Agostino, il gladiatore Russell Crowe e non ultimi i Wolfmother, un paio di giorni fa.
Mancano pochi minuti alle 22 e sul maestoso (complimenti!) palco, nell’oscurità totale, salgono ad uno ad uno tutti i vari musicisti , introdotti da una canzone popolare irlandese, neanche fossimo nel mezzo delle verdi lande dell’isola di smeraldo.
Approfitto per spiegare a mio fratello che il nome del gruppo si ispira alla figura di Molly Malone, simbolo della città di Dublino, la leggendaria pescivendola di giorno e prostituta di notte, la cui statua portafortuna è una delle più fotografate e palpate della capitale nordica.
Manuel si ricorda di aver lasciato pure lui le sue impronte sulle prosperosità della statua della piccola Molly.
Si parte subito a bomba con uno dei pezzi più noti ed apprezzati “DRUNKEN LULLABIES”. Manuel parte e torna con due birre.
Appena finita la successiva “JOHN L.SULLIVAN” il frontman Dave King decide di abbandonare l’elegante panciotto e restare in camicia bianca per introdurci alla splendida “SWAGGER” tratta dal loro album di esordio.
Spiego a mio fratello che, paradossalmente, come i ben noti Dropkick Murphys (anch’essi americani, di Boston), i nostri non si sono formati in qualche paesino della scogliera irlandese, bensì a poche miglia dal Pub di Beverly Hills “Molly Malone” in pieno centro a Los Angeles.
La nota di colore viene presa quale fonte d’ispirazione tant’è che mio fratello sparisce e torna con altre due birre.
Sono proprio curioso di sentire come verrà detto, in americano, il nome della ospitalissima cittadina friulana (complimenti per la venue e tutte le prelibatezze culinarie che fanno da contorno all’Area concerti in pieno centro a Majano), memore ancora delle difficoltà riscontrate qualche decennio fa da Bruce Dickinson che, con i suoi Iron Maiden, se l’era cavata con un “Screaaaam for me, Maijno!”
Ed è proprio al termine di “KEEP THE MAN DOWN” che Dave si concede una pausa e, afferrata una birra, augura al migliaio di festanti presenti un “Cin Cin Masgiaaano!”
Il frontman è un fiume in piena, gigioneggia, intrattiene, scherza, suona la chitarra acustica che spesso cambia grazie al prode roadie, dalla folta chioma, Mike (“che si è appena tagliato i capelli …”frase che userà anche per il suo chitarrista Dennis…peccato sia calvo!) e si auto dedica la successiva “ WHISTLES THE WIND”.
Sua moglie Bridget che lo coadiuva nei cori ed impreziosisce il set con il suo violino, esordisce con il tin whistle su “TENEMENT SQUARE” altro estratto dai loro esordi.
Faccio notare a Manuel quanto stravagante sia il vedere la comparsa di tutti questi strumenti “folkloristici” tra flauti, fisarmoniche, banjos, in un concerto Heavy Metal; lui non se ne cura tantissimo e va prendere altre due birre.
Dave offre una birra ad un fan presente sulle transenne in prima fila solamente per il fatto che indossi la maglia della nazionale di calcio irlandese (“Se pensate che sia solo la vostra nazionale che faccia cagar…”) ed offre a tutti la splendida “SONG OF LIBERTY”.
Tra violini, tacchi sbattuti sul palco, il mandolino di Spencer Swain e la fisarmonica di Matt Hensley mi sembra di essere in un fumoso Pub irlandese, ma stasera siamo all’aperto (non piove per niente, anzi spira una stupenda brezzolina rinfrescante) con un migliaio di persone festanti ed in orario ben lontano da quello di chiusura.
Penso a quanto sarebbe utile portare qui tutte quelle persone super stressate che ci circondano giornalmente con i loro pessimi umori e le loro problematiche esistenziali, mentre non posso non notare quanto, invece, qui tutti se la stiano spassando, con il sorriso ben stampato in faccia.
Alcune decine di coppiette ballano e si divertono, infatti è praticamente impossibile non farsi coinvolgere, ballare, cantare e saltare in questa grande festa Irish.
Manuel è d’accordo con me: anche se non le conosce, le loro canzoni riescono a trasmettere energia, sentimenti di unione e fratellanza, e anche nell’assoluta mancanza di fronzoli e fuochi pirotecnici (c’è solamente il loro logo proiettato sul megaschermo sullo sfondo del palco), il concerto è spettacolare e coinvolgente.
In questa collettiva esaltazione e perfetta incarnazione dello spirito irlandese, mio fratello decide di andar a prender altre due birre.
Sulla successiva “THE CROPPY BOY’98”, Dave inizia a suonare un altro caratteristico strumento di percussione, il bodhrán.
Poi, con il classico “Graziiiiii”, gratifica il mosh-pit, il pogo (che lui chiama “Devils Dance”) che si è scatenato coinvolgendo le prime decine di file sotto il palco, ovviamente su “DEVILS DANCE FLOOR”, “THESE TIMES HAVE GOT ME DRINKIN’”, estratto dal loro ultimissimo lavoro discografico (2022), che è subito dopo seguita da “CRUSHED”.
Noto, con molto piacere, quanto massiccia sia la loro sezione ritmica con gli ottimi Mike Alonso (alla batteria) e Nathen Maxwell (al basso).
Su “SAINTS AND SINNERS” mi arrivano altri due bicchieri di bionda, con i quali rifletto che, anche se ero stato opportunamente allertato nel pomeriggio, mai mi sarei immaginato di essere in una tale situazione di pericolo, anche senza pioggia…
Si prosegue con “REBELS” che viene dedicata a tutti i festosi presenti, prima di cadere sotto l’inno anarchico “BLACK FRIDAY RULE” e, subito dopo, l’artiglieria pesante delle conclusive “SALTY DOG” (stupenda!) e “WHATS LEFT OF THE FLAG”
Dopo una ventina di pezzi proposti, senza praticamente una vera e propria pausa, ed un’ora e mezza di goduria (90 minuti d’orologio…che non siano pure d’origine svizzera?), i nostri, alle 23.30 spaccate, terminano “SEVEN DEADLY SINS” e con questo il loro successful show.
Dopo questa esperienza capisco perfettamente perché i Flogging Molly abbiano venduto oltre un milione e mezzo di album e da oltre vent’anni portino la loro festa itinerante in giro per il mondo, con il loro mix unico di sonorità celtiche ben mischiate a potenti riff punkeggianti.
Ma ora è arrivato il momento di andare a recuperare mio fratello Manuel. Chissà dove sarà?
Sláinte!
MaXX “double X” Barzelatto per Radio City Trieste
crediti foto: Festival di Majano
local promoter: Azalea.it