TRIESTE – Una storia lunga quasi mezzo secolo, e per la quale ci sono ben venti dischi a tracciarne il percorso, è a dir poco invidiabile.
Voce e stile inconfondibili hanno reso le sue canzoni uniche e lasciato il segno nel cuore di diverse generazioni.
Edoardo Bennato, classe 1946, ha cambiato ben poco in tutto questo tempo. Giovanile e Rock ‘n’ Roll, in jeans e maglietta e con gli occhiali da sole, sembra aver fatto un patto con il diavolo.
Se gli chiedessimo quale possa essere il suo segreto siamo certi che risponderebbe facendoci vedere la sua chitarra e aggiungendo “…tutto merito della musica”.E lo spettacolo che in anteprima è andato in scena a Trieste ha il gusto di qualcosa di molto personale. Certamente è stato un privilegio assistere alla prima nazionale di questo suo tour invernale dal titolo Pinocchio & Co. tour 2018 (produzione artistica curata da New Step, in collaborazione con Dimensione Eventi e Ventidieci).
Non capita spesso di ascoltare centosessanta minuti filati di concerto senza annoiarsi un attimo. Tutto d’un fiato il set è volato via davanti ad un pubblico delle grandi occasioni che ha riempito a dovere il Teatro Rossetti che sceglie sempre gli artisti migliori da portare in città. Come si diceva pocanzi questa è stata l’ouverture, la prima di quattordici date che si terranno fino a dicembre inoltrato, quando a Cremona il nostro eroe terminerà quest’avventura.
Un azzardo chiamarlo eroe? Penso proprio di no. Molti i bambini presenti in sala e rapiti dalle sue storie, mentre quelli più grandi sono ritornati giovani con i cavalli di battaglia di Bennato che attraverso le strofe dei suoi racconti parlano molto della società, della vita, fanno riflettere, e anche se andiamo a pescarli nella discografia più datata, ancora oggi sono attuali.
Burattino senza fili è uno dei suoi dischi più conosciuti e fortunati, rivisitato nel 2017 a quarant’anni di distanza dalla prima pubblicazione e con l’aggiunta di alcuni brani narranti di personaggi che all’epoca non erano stati cantati.
Mastro Geppetto e Lucignolo sono le due nuove composizioni presentate e suonate durante la serata, assieme ai fratelli maggiori Il gatto e la volpe, Dotti, medici e sapienti, La fata, Mangiafuoco, In prigione, in prigione e Quando sarai grande.
Tutti sparsi qua e là durante lo spettacolo e realizzati in chiave Rock, acustica oppure sinfonica come il set in apertura di serata.
Sembra strano che uno che ha sempre parlato di Rock, di chitarre e suonato l’armonica riesca a proporre in un solo spettacolo tre generi così diversi tutti assieme, vero? Invece è andata proprio così.
A seconda dell’impatto che ad ogni brano si voleva dare, ecco l’ottimo Quartetto Flegreo in apertura di serata con gli archi a dare il via alle danze, per poi passare ad un set folk in solitaria (in stile Otto e Barnelli per intenderci) dove Bennato canta, suona la chitarra, tiene il tempo su di un tamburo e alterna l’armonica al kazoo, fino alla terza parte elettrica assieme ad un’affiatata banda di cinque musicisti.
Il titolo del tour forse lascia intendere che la scelta dei brani cadrà solo sulle tematiche della favola del burattino più famoso di sempre e al quale Bennato deve buona parte della sua notorietà, ma al contrario ci sarà spazio anche per altri brani della sua rispettabile discografia. Abbi Dubbi dava il titolo al disco del 1989 e dal quale ancora propone La luna, La chitarra e Vendo Bagnoli (Viva la mamma sarà la grande esclusa della serata), da Sono solo canzonette del 1980 (altro disco di successo), oltre al brano omonimo ci saranno Il Rock di Capitano Uncino e L’isola che non c’è.
E poi ancora Meno male che adesso non c’è Nerone, Rinnegato, Un giorno credi, In fila per tre, Le ragazze fanno grandi sogni (del 1995), e Pronti a salpare e La calunnia è un venticello, entrambi dalla sua produzione più recente del 2015.
Tra suggestivi video proiettati per accompagnare i brani e i racconti di Bennato, lo spettacolo giunge al termine e mi viene da pensare quanto tempo sia passato dalla sua ultima apparizione a Trieste.
Abbiamo atteso tanto ma questa sera ci siamo riscattati alla grande.
Cristiano Pellizzaro per RadioCityTrieste
Foto di Franco Pellizzaro