Archivi per categoria: RECENSIONI

Upset Noise Trieste01

foto di Benni Alessandro Parlante

Solo dopo un anno dalla storica reunion gli Upset Noise hanno avuto la possibilità di suonare nella loro città, e lo hanno fatto per ben due date nella sede dell’Associazione Gruppo Tetris che per fortuna si è interessata ad organizzare questo impedibile doppio appuntamento. Gli Upset Noise sono tornati dopo tanti anni in compagnia dei Raw Power, altra storica band Hardcore italiana, già passata per Trieste un anno fa, che nel corso della propria storia ha fatto parlare di se anche nel paese a stelle e strisce.
Lontani oramai i tempi delle scorribande in giro per l’Europa, gli Upset Noise non hanno perso grinta e voglia di suonare, divertendosi ancora e regalando sana e buona musica a chi con il cuore è andato a vederli. Tanti sacrifici, tanta fatica oggi come allora e l’interesse nei loro confronti è ancora elevato, e le esibizioni dal vivo non mancano anche per qualche data estera.
La formazione attuale di questa nuova avventura ha visto salire sul palco Fausto Franza (chitarra-membro originale e compositore di gran parte del repertorio), Lucio Drusian (voce dal 1986), Stefano Bonanni (batteria dal 1984, già in altre importanti band come Aria di golpe, Negazione e EU’s Arse), Giorgio Yure Donati (basso) e Mark Simon Hell (seconda chitarra dal 2016). Purtroppo la presenza sul palco dello storico vocalist Sandro Zarotti per la seconda data è stata impedita da un malanno stagionale.
Speriamo di non dover aspettare tanto per rivederli in città. Hanno dato il massimo entrambe le sere, e per altre date certamente non saranno da meno. Noi li aspetteremo con impazienza. Vogliamo rivederli ancora.

 

Cristiano Pellizzaro

Consoli2Il gran finale è avvenuto a luci accese e con il pubblico che a stento voleva abbandonare la sala Assicurazioni Generali del nostro splendido Politeama Rossetti. La protagonista è quindi ritornata in scena per concedere “Confusa e felice” come bis, quel suo brano del 1997 che tutti noi conosciamo. Per circa due ore ininterrotte Carmen Consoli ha riscaldato il pubblico con uno spettacolo che ha saputo cogliere nel segno. Dei semplici giochi di luce hanno creato una bellissima cornice per quello che si è potuto definire un vero evento, in quanto la cantautrice siciliana era assente da Trieste, dall’edizione del Barcolana Festival del 1999.
I brani scelti per la scaletta, per la maggior parte i più conosciuti, sono stati eseguiti con gran classe dalla band composta per lo più da donne, oltre al chitarrista Massimo Roccaforte storico collaboratore dell’artista.

Consoli 1Carmen Consoli, consolidata realtà musicale nazionale da vent’anni sulla scena, vanta riconoscimenti e collaborazioni che non si contano più, mentre i suoi brani riescono sempre a trovare un posto di tutto rispetto nel cuore degli italiani di tutta la penisola.
Grazie per esser passata di qui Carmen ed aver inaugurato questo 2016 musicale che si è già confermato come un anno che rimarrà negli annali degli eventi locali. Un ringraziamento anche al lavoro svolto da Azalea Promotion, che riesce sempre a centrare il bersaglio e scegliere i nomi più prestigiosi per la nostra Regione. E lo spettacolo di questa sera ne era la conferma.

Cristiano Pellizzaro

Biondi BBA giudicare dal calore e dall’affetto che il pubblico triestino a fine concerto gli ha tributato, lo spettacolo offerto dal quarantaquattrenne cantante catanese ieri sera al teatro Rossetti è stato all’altezza delle aspettative. Eppure, c’è voluta una buona parte di concerto, un’ora circa, affinché si potesse creare quella sinergia e quella magia che solo gli spettacoli dal vivo sono in grado di offrire rispetto all’ascolto di un normale – si fa per dire – disco o cd di musica. Vero è che, per la prima parte dello show, iniziata un po’ in sordina, Mario Biondi non è riuscito appieno a trasmettere quelle emozioni che la sua voce e le sue canzoni sono in grado di offrire per riscaldare il cuore e far vibrare le corde dell’animo degli spettatori di un teatro gremito per le grandi occasioni. Ogni cantante, infatti, ha il suo carattere e le sue caratteristiche e i fans lo apprezzano anche per questo. Ci sono quelli che non smettono mai di parlare, anche a sproposito lanciandosi persino in inopportune analisi politiche, altri che invece non spiaccicano una parola, impegnati come sono a recitare il loro repertorio, uguale sera dopo sera. Così, solamente dopo un’ora dall’inizio del concerto, sul palco arriva finalmente quel vero cantante in grado di fare la differenza, al di là della sua voce, calda e sensuale, che lo ha reso unico in Italia permettendogli di scalare le classifiche di musica di tutto il mondo. Più di venti i brani eseguiti nelle due ore di concerto, di cui una parte tratti dal suo ultimo lavoro “Beyond”, pubblicato nel maggio di quest’anno e che dà il nome al tour oramai da molti mesi in giro per il mondo e dagli ottimi riscontri ai botteghini e di pubblico. Si inizia in perfetto orario con “Open up your eyes” seguita a ruota dalla bellissima “Night shift” che fu al secolo dei Commodores, quindi con “Serenity” e “Rio” di Randy Crawford, in versione rigorosamente blues e dal ritmo incalzante. E’ con “My Girl”, canzone al secolo dei Tempations, che finalmente lo spettacolo da gradevole diventa invece più intenso, grazie appunto all’interazione con il pubblico e a un ritmo decisamente più sostenuto. Così, dopo un Funky staff, eseguito alla perfezione dalla band che gli concede il tempo per l’unico cambio d’abito – il cantante aveva iniziato lo show in un completo d’abito broccato di seta e traslucido con una camicia bianca dal colletto all’insù e cappello borsalino in testa – e dopo qualche ammiccamento in più con il pubblico di Trieste, ecco proposte un’altra decina di canzoni tra cui spiccano “Be Lonely”, “Over the worls”, “Ecstasy” prima dell’ultima – anzi penultima – e conosciutissima hit “This is What you are” composta e portata al successo nel 2006. Già, la penultima, perché a Natale, tra bisticci in famiglia per regali riciclati e luoghi comuni a parte, Mario Biondi si congeda con un fuori scaletta, una canzone natalizia dedicata al pubblico triestino.
Alla fine, ha vinto la buona musica e, a giudicare appunto dal calore e dall’affetto e dalle strette di mano sotto il palco, di questa serata e di questa voce unica – non a caso definito il Barry White della musica italiana – rimarrà comunque un buon ricordo.
Buon Natale a tutti.

Roberto Alessio

star-wars-il-risveglio-della-forzaGuerre Stellari, operazione nostalgia
Con tutto il rispetto per gli amanti del genere “saga stellare”, l’ultimo film di Guerre Stellari, il VII per la precisione o il IV in ordine cronologico – tolti gli ultimi tre prequel a mio parere privi di fascino e di interesse – ha tutto il sapore di una campagna commerciale che gioca sulla nostalgia del tempo che fu. Per quelli che, come me, generazione 66, hanno conosciuto le Guerre Stellari da adolescenti, a distanza di tutti questi anni, gli stagionati Harrison Ford e la principessa Leila, Luke Skywalker nei minuti finali compreso di pancetta, non risultano più credibili poichè gli occhi da adulti con cui li guardiamo oggi non sono quelli incantati e vergini di allora.Se poi, dulcis in fundo, ci mettiamo anche un più che probabile ulteriore seguito ad appesantire una storia stiracchiata, allora la beffa del tempo è servita. Un film tiepidino, condito con effetti speciali neppure troppo eclatanti, forse volutamente ricondotti a quel tempo passato con quel quid pluris che ricorda a tratti il J.J.Abrams di Star Trek. Si può vedere, senza grosse aspettative. Il tempo, il nostro tempo, se ne è andato. E’ la vita, baby, ti piaccia o no.
Roberto Alessio

Jan AndersonIl vecchio Ian non è rimasto fermo ai gloriosi settanta, come altri suoi colleghi. Lo spettacolo ricchissimo di diapositive e filmati verteva sull’ultimo lavoro del nostro, “Homo Erraticus”. Ma di questa opera Ian centellina appena quattro o cinque canzoni, consapevole che il pubblico sta aspettando con ansia “The best of…” La scaletta: Si comincia con “Mother Goose”, brano poco eseguito dal vivo (io non l’avevo mai ascoltata). Segue la classicissima “Bouree”, poi un altrettanto inedita “Living in The Past”. Sullo sfondo si alternano foto e immagini video di un giovanissimo Ian che esegue dal vivo lo stesso brano in esecuzione, un trucchetto che aveva già usato Roger Waters nel suo “The Wall”. Un orologio scandisce l’anno del brano successivo. “Thick As A BRick”, inflazionata nei concerti, questa, “Nothing Is Easy” anch’essa per me inedita, e “Cross-Eyed Mary”. Segue “Sweet Dream”, “Teacher” e un incredibile riproposizione di un tabù personale di Anderson, quella “Critique Oblique” che fu l’embrione di “A passion play”. Ian recrimina che la critica fu spietata con questo lavoro ma a lui piaceva. E io sono d’accordo.
Piccola parentesi rock con “Too old to rock’n’roll too young to die” e in rapida sequenza “My God” e “Aqualung”. Bis con l’immortale “Locomotive Breath.
Ora i componenti la lineup:
JOHN O’HARA, tastiere. Non ha un compito semplicissimo, far dimenticare i vari tastieristi dei Tull che si sono divisi le glorie degli anni passati, ma lo fa molto bene.
DAVID GOODIER, basso. Molto bravo, con il batterista SCOTT HAMMOND tengono in piedi la sezione ritmica senza esitazioni.
RYAN O’DONNELL, il giovane cantante attore è una presenza sul palco. Deve aiutare IAN che non ce la fa più con la voce, e, se devo fare un commento sincero, è forse stato l’anello debole del gruppo, soprattutto nel canto. Serata storta, forse, perché nello show di “Thick As A Brick 2” mi era piaciuto moltissimo.
FLORIAN OPAHLE, infine, il chitarrista è da anni con IAN, ma l’altra sera mi ha stupito per autorità e presenza tecnica e scenica, non fa rimpiangere Martin Barre, un grande soprattutto nell’asolo di Aqualung!
IAN ANDERSON, che dire? Grande, coraggioso, instancabile leone, la voce non c’è più, ma il concerto risulta eccellente soprattutto per la sua incredibile presenza istrionica. Quando uno il charisma ce l’ha, ce l’ha e basta!
Carlo Cimino

CD autografato TozziNova Gorica 16 ottobre 2015 “Ho scelto di fare il cantante perché mio padre non voleva che lo facessi, anche se il desiderio era quello di fare il calciatore, la differenza tra il calcio, il vincere la coppa campioni e una canzone è che, nel primo caso, godi subito per il goal segnato, nel caso della canzone, invece, il cantante non gode subito del risultato, dopo, forse, con il riscontro del pubblico. In questo mestiere mi ritengo uno fortunato, sono un privilegiato. Mi sono divertito a farlo”.E’ questa una delle risposte che Umberto Tozzi, comunque disponibile, ha fornito in occasione delle poche domande concesse alla stampa accreditata, visto il ritardo con cui era iniziata e sotto gli occhi vigili del suo manager, attento nello scandire le modalità e il breve lasso di tempo che lo separava dal concerto. Per quelli che, come noi, compresi la maggior parte dei presenti in sala, hanno conosciuto le canzoni di Umberto Tozzi negli anni 80, quando erano in auge i vinili a 33 giri e le musicassette che si riavvolgevano, in caso di mal funzionamento, con il semplice ausilio di una matita, poco o nulla è cambiato alla vista e soprattutto all’ascolto delle canzoni del proprio beniamino. Anzi, il ricordo di quegli anni e di Tozzi stesso, non necessariamente malinconico o nostalgico, è stato persino rinverdito anche grazie a una gradevole rivisitazione del curriculum vitae musicale di Tozzi per quanto riguarda gli arrangiamenti. Accompagnato da una band di tutto rispetto, il cantautore torinese, classe ’52, ha preso posto sul palco della sala del casinò PARK di Nova Gorica alle 22.30 circa per proporre, nell’arco di poco più di un’ora, una gran parte delle più belle canzoni che hanno contrassegnato la sua oramai quarantennale carriera musicale caratterizzata da grandi successi, pochi insuccesso e rinascite in chiave musicale, fino alle più recenti collaborazioni e sperimentazioni di altri generi musicali. “Equivocando” e “Notte Rosa”, riproposte in chiave decisamente rock, danno il via allo show che, sin dalle prime battute, fa capire che si reggerà anche grazie alla bravura della band e dei nuovi arrangiamenti sulle canzoni classiche del suo repertorio. “Non è la prima volta che vengo qui e, se mi invitano, vuol dire che sono simpatico” esordisce Tozzi davanti a sala gremita, prima di proporre anche quei brani che, a detta dell’artista, “sono tra i meno conosciuti ma che, comunque, fanno parte di me, come il mio primo invenduto Donna amante mia o Perdendo Anna”. “Io camminerò”, scritta dallo stesso Tozzi nel 1976 e interpretata e portata al successo da da Fausto Leali, precede la presentazione del nuovo singolo “Sei tu l’immenso amore mio” che, a detta di Tozzi, rimarrà comunque una delle sue canzoni da ricordare, il risultato, insieme all’intero album dal titolo “Ma che spettacolo” e di prossima uscita, di un periodo compositivo in cui l’artista si è sentito particolarmente ispirato dopo tanto tempo. Il concerto, fino a questo punto gradevole, prende finalmente vigore con “Si può dare di più” che gli valse, insieme a Ruggeri e Morandi, la vittoria alla kermesse sanremese del 1987, per un festival in cui “non si doveva andare ma, visto che eravamo compagni di squadra nella nazionale cantanti, abbiamo deciso di farlo” e con “Gente di mare” portata al successo insieme a Raf con un piazzamento al terzo posto all’Eurofestival. Il pubblico, ora, lo chiama a gran voce e Tozzi lo ripaga con le sue più belle canzoni per un finale in crescendo, nell’esecuzione di “Stella stai”, “Tu” e la celeberrima “Gloria”, la canzone pubblicata nel 1979 che lo segnalò al grande pubblico europeo e scelta anche da Martin Scorsese nel 2013 come colonna sonora originale per il film “The Wolf of Wall Street”. Un concerto piacevole seppur non proprio esaltante, comunque godibile, iniziato forse lentamente e migliorato strada facendo, sorretto spesso da una band di rilievo (Raffaele Chiatto alla chitarra, Riccky Roma alla batteria, Mario Dirani al basso, Gianni Vacini al sax e alle percussioni e Gianni D’Addese alle tastiere) persino nel supporto vocale fornito al cantante. Si poteva dare di più? No, almeno a giudicare dal calore e dall’affetto del pubblico comunque partecipe ed entusiasta dello spettacolo.