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In collaborazione con TSportintheCity – articolo di Francesco Freni

PALLACANESTRO TRIESTE-NAPOLI 109-82 (17-15; 34-21; 23-22; 35-24)
PALLACANESTRO TRIESTE: Obljubech, Ross 11, Deangeli, Uthoff 15, Ruzzier 4, Campogrande 3, Candussi 9, Brown 13, Brooks 9, McDermott 12, Johnson 9, Valentine 24. All. Christian.
NAPOLI: Pullen 12, Zubcic 11, Treier 11, Pangos 7, De Nicolao 2, Fiodo, Saccoccia, Egbunu 10, Green 13, Totè 14, Mabor 2. All. Valli.
ARBITRI: Grigioni, Borgioni e Catani.

TRIESTE – Nessuna distrazione, nessun contraccolpo per tutto ciò che è successo e si è detto in settimana. Coach regolarmente a bordo campo come previsto, Trieste (al completo!) che si conferma quel carrozzone spettacolare e terribilmente efficace che quindici giorni fa, sullo stesso parquet, aveva spazzato via una Virtus in crisi.
Napoli, invece, arrivava in riva all’Adriatico forte di tre fondamentali vittorie nelle ultime tre partite, con lo scalpo delle due teoriche corazzate da Eurolega nel carniere e la vittoria salvezza nel derby a Scafati a donare morale e consapevolezza nei propri mezzi (ben superiori a quello che esprime la classifica), e con un pugno di giocatori -Pullen, Totè e Green soprattutto- in prolungata trance agonistica.
In altre parole, per Trieste una partita da affrontare con estrema prudenza ed attenzione, con grande organizzazione difensiva e magari esprimendo percentuali almeno buone, se non ottime, da lontano, dal momento che gli avversari sono molto ben dotati di centimetri e chilogrammi nel pitturato.
E, soprattutto, sfruttando l’evidente gap tecnico fra i giocatori da quintetto e la riacquisita lunghezza delle rotazioni, contro una squadra che basa le sue fortune tramite l’utilizzo di non più di sette giocatori e mezzo.
Piano partita perfettamente rispettato, davanti a quasi seimila spettatori che si dimostrano supportivi dal primo minuto del riscaldamento a mezz’ora dopo la sirena finale: nel mirino c’è infatti un obiettivo comune troppo importante per essere offuscato da situazioni esterne o polemiche sterili.
Lo capisce il pubblico, lo capisce la società (che ignora ostentatamente l’argomento), ne è perfettamente consapevole la squadra, che appare concentrata e determinata quasi come non mai in stagione.Come di consueto, i biancorossi assistono, controllandola, alla fiammata iniziale degli avversari, che difendono alla morte concedendo pochissimo sotto canestro e contestando ogni singolo tiro da oltre l’arco, sfruttando anche qualche amnesia triestina nelle rotazioni difensive che permette soprattutto a Totè di sfruttare i suoi centimetri per arrivare facilmente, e con fatturato, al ferro.
Ma anche la Napoli dei primi minuti, che sembra al massimo delle sue possibilità, pur davanti a una Trieste che pare assopita in attacco, non riesce a scrollarsi in alcun modo l’avversaria di dosso, non superando mai i due possessi di vantaggio.
Esaurita l’energia iniziale partenopea, alle prime indispensabili rotazioni, dopo otto-nove minuti nel primo quarto è quasi tangibile, palpabile il cambio di ritmo biancorosso.
E’ il momento del sospirato rientro di Colbey Ross (per l’occasione sesto uomo di lusso), quando Trieste inizia a mettere in scena il suo show stordente: prima il sorpasso definitivo sul finire del primo quarto, poi una seconda frazione che mette già fine ad ogni discorso sul risultato finale, non tanto per il 34-21 del parziale che porta a 15 il gap a metà gara, tutto sommato recuperabili per una squadra che ne aveva recuperati altrettanti in metà del tempo a disposizione con Milano sette giorni prima, ma soprattutto per l’evidente differenza di ritmo, di intensità, di percentuali di realizzazione, di dominio a rimbalzo sui due lati del campo, di numero di assist che testimoniano un gioco che pare l’esecuzione di un’orchestra sinfonica affiatata che suona un “allegro”, in cui ognuno degli strumentisti sa perfettamente cosa fare, quando muoversi, quando entrare in scena, quasi senza guardare il maestro nel podio tanto oliati sono ormai i meccanismi e le consuetudini.
E’ questa la sensazione con cui le due squadre vanno negli spogliatoi, una sensazione di grande consapevolezza e fiducia da una parte, di frustrazione spesso sopra le righe (il nervosismo ostentato di Zubcic contro tutto e tutti non ha alcun riscontro oggettivo in presunti favoritismi arbitrali per gli avversari), di acquisizione della certezza di dover eseguire un vero e proprio capolavoro più simile ad un miracolo nel secondo tempo per riuscire a sovvertire un risultato che sembra già scritto dall’altra parte.
L’importanza di un giocatore come Colbey Ross, esattamente come successo con Valentine al suo rientro qualche settimana fa, è palpabile ed evidente non tanto quando è assente (specie con il Ruzzier in stato di grazia di questi mesi) quanto piuttosto quando puoi nuovamente riammirarlo in campo: non è tanto il bottino di punti, nemmeno le percentuali da cecchino.
E’ proprio il fatto che la sua sola presenza è in grado di spostare le difese, provocare raddoppi o triplicamenti di marcatura che creano spazi e possibilità per i compagni che il playmaker pupillo di Arcieri è abilissimo nell’individuare e sfruttare in modo chirurgico e letale.
In effetti Napoli in apertura di ripresa anche ci prova, attacca con grande determinazione il ferro, visto che da fuori non è proprio serata, ma stavolta Trieste non è affatto disposta a lasciar sfogare da spettatrice la seconda ed estrema fiammata della squadra ospite.
La partita si fa velocissima ed a tratti spettacolare, le squadre ribattono colpo su colpo, Napoli riesce addirittura ad infilare un break che la riporta appena sopra la doppia cifra di svantaggio dopo essere precipitata sotto ben oltre i venti punti, ma Jamion Christian ha a sua disposizione giocatori di una classe e di una letalità che davvero pochissime altre squadre in serie A possono vantare in tale quantità.
Ad un imprendibile Colbey Ross ed un costante ed ispirato Jarrod Uthoff si aggiunge l’istrione barbuto che più di tutti gli altri è in grado di accendere entusiasmo e divertimento sugli spalti, ed a spaccare le partite con improvvisi quanto imprevedibili lampi di classe cristallina.
Denzel Valentine infila una sequenza costituita da un tiro da sotto in avvitamento attorno ad Egbonu (cui rende 10 centimetri e 15 chili), una logotripla frontale da nove metri ed un’altra tripla ignorante in contropiede con solo avversari sotto canestro.
Otto a zero, ventello ripristinato, pandemonio nel palazzetto e partita in cassaforte, una esibizione di una bellezza estetica cestistica tale da ribaltare, per una sera, la celebre frase di Goethe che descrive a suo modo la città partenopea.
E’ davvero una serata di grazia al tiro da fuori per una Trieste che sfiora il 55% da oltre l’arco con ben 19 triple realizzate, tutti tiri peraltro costruiti benissimo, quasi tutti in ritmo e piedi a terra, nessuna forzatura ed anche grande equilibrio nelle conclusioni: Napoli sotto canestro, infatti, può contare su un Totè in stato di grazia, ma quando il lungo italiano deve rifiatare o deve essere preservato dai falli, dietro a lui dal punto di vista soprattutto tecnico c’è davvero quasi il vuoto.
Johnson Candussi, Uthoff e Brooks riescono a blindare la propria area ed a farsi spazio (anche con le cattive) sotto il ferro, con il risultato che per una volta il conto delle conclusioni è esattamente bilanciato: 35 tiri da due, 35 da tre.
Una macchina equilibrata che distribuisce responsabilità nell’arco dei 40 minuti e con gerarchie non scolpite nel granito, che dunque toglie certezze ed orientamento agli avversari, che oltretutto avendo la coperta piuttosto corta non possono che decidere di battezzare qualcuno dei tiratori avversari sperando che vada bene.
Ma se raddoppi o triplichi Ross e lui trova quattro volte McDermott completamente libero negli angoli, e l’ultimo arrivato in biancorosso colpisce con precisione devastante, se intasi il pitturato per evitare perlomeno gli attacchi al ferro e Valentine raccoglie il palleggio e segna dall’adesivo dello sponsor, se picchi Johnson sotto canestro (subendo peraltro anche sportellate dal centro californiano) e prendi i tiri da tre di Candussi, alla lunga capisci che gli avversari hanno previsto il tuo piano partita e preparato perfettamente le contromisure e perdi progressivamente fiducia ed energie, finendo, con ogni probabilità, per essere travolto.
128-88 la valutazione +27 il divario. Per raccontare questa partita, tutto sommato, sarebbe bastata una riga.
Trieste raggiunge così, a cinque giornate dal termine, il numero di vittorie (16) che aveva conquistato a fine campionato nella straordinaria prima stagione da neopromossa nel 2018-2019, bottino che allora le fruttò i playoff da settima e che quest’anno quasi certamente non le permetterebbe di conquistare nemmeno l’ottavo posto.
A proposito della corsa alla post season: Trieste rimane sesta, così come rimane invariata la distanza dalla vetta occupata da Trapani e Brescia, ancora soli quattro punti più sopra, ma viene colmato il gap con Milano, sconfitta a Reggio Emilia, inchiodata a 32 punti ed in grandissima difficoltà per gli infortuni di Shields e Bolmaro.
L’Olimpia rimane quinta per la differenza canestri rispetto a Trieste, ma l’inerzia ora è totalmente in mano ai biancorossi alabardati.
Trento si sbarazza di Scafati e rimane nel gruppo delle terze due punti sopra Trieste, dove è affiancata alla Virtus che deve giocare lunedì sera a Treviso: Trento arriverà in via Flavia fra due settimane (l’Aquila si impose di 8 all’andata).
Dietro, rimane in scia a Trieste solo Reggio Emilia a trenta punti, mentre scivolano sotto di quattro Venezia, sconfitta nel big match a Brescia, e Tortona, sconfitta in casa da Trapani e che ora diventa probabilmente “l’anello debole” fra le quattro in corsa per i posti che vanno dal sesto all’ottavo posto.
Appare quindi evidente come la sfida del Taliercio di domenica prossima diventi per Trieste una sorta di match point per la conquista della post season.

(diritti riservati TSportintheCity)
Crediti: foto Panda Images
Ph. Antonio Barzelogna

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Da ventisette anni stupisce il pubblico proponendo ogni volta un ricco e coinvolgente programma. Il Pordenone Blue Festival anche in questa edizione è riuscito a catturare l’attenzione con una ricca proposta di eventi per soddisfare anche i palati musicali più esigenti.
Per sei giorni consecutivi nella città di Pordenone la possibilità di assistere a proiezioni, workshop, incontri, laboratori musicali per bambini, contest e tantissimi concerti ovviamente.
Il tutto sostenuto dalla musica suonata nelle strade da moltissimi buskers provenienti anche dall’estero.
Non mancano ovviamente i prodotti tipici locali da gustare nei locali della città che per l’occasione diventano dei Blues Bar oppure Osterie Blues riconoscibili dalla bandiera dell’evento esposta all’entrata.
Ricco il cartellone degli eventi principali di maggior richiamo anche per questa edizione, con una lista di nomi che vanno ad aggiungersi alle stelle mondiali degli anni precedenti.
Quest’anno in ordine di apparizione e solo per citarne alcuni: Anastacia, le due esclusive date italiane dei Dr. Fellgood e Glenn Hughes e il concerto itinerante di Tao Love Bus Experience a bordo del pulmino Volkswagen del 1974.  Gran finale sabato 7 luglio a partire dalle ore 19.00 con Watermelon Slim, Lee Fields & The Expressions e in chiusura gli esplosivi Level 42 per la loro unica apparizione nel nostro paese.
Programma completo al sito www.pordenonebluesfestival.it, Ufficio Stampa Daniele Mignardi Promopressagency

Cristiano Pellizzaro per RadioCityTrieste

Alma Basket TriesteIMOLA – Seconda sconfitta consecutiva per la capolista Alma, che inciampa nuovamente sul campo di una formazione non certo trascendentale che l’ha messa in difficoltà più sul piano emotivo e dell’intensità che su quello tecnico.
Si apre così una mini crisi in casa biancorossa, alla vigilia di un ciclo di partite che dirà dove questa squadra potrà arrivare a fine stagione: dopo il match interno con Bergamo di domenica prossima, infatti, i giuliani andranno a Bologna, affronteranno in casa Ravenna, andranno a Treviso e sfideranno Mantova a Valmaura.
Da recuperare morale e voglia, in un periodo in cui si sono palesate pericolose pause sia in attacco che in difesa.
La cronaca della partita di Imola ricalca da vicino quella della trasferta di Forlì di domenica scorsa: triestini sempre a condurre, ma senza dare mai l’impressione di poter uccidere il match. Bowers, dopo un inizio poco preciso in attacco, aggiusta la mira e, per una volta, risulta fra i migliori dei suoi.
E’ Fernandez, però, ben coadiuvato da Baldasso, a mantenere alti i colpi in attacco in una giornata in cui Da Ros, utilizzato con minutaggio pesante da Dalmasson, litiga in ogni modo con il canestro.
Il terzo quarto stavolta è letale per Trieste, con l’americano Bell a centrare il bersaglio da ogni parte del campo. Imola arriva fino al +9 sul 69-60, ma Trieste, ancora una volta grazie al tandem Fernandez-Baldasso, riesce a rimontare ed addirittura a ritornare in vantaggio.
E’ ancora Bell a chiudere la partita con una tripla che manda in delirio i suoi tifosi, con la preghiera finale di Fernandez a stamparsi sul ferro.
Le avversarie più vicine, Udine esclusa, vincono tutte in modo convincente, accorciando la classifica e rimettendo tutto in gioco per la conquista del primo posto al termine della stagione regolare.

Francesco Freni per Sport In The City
In onda su Radio City Trieste ogni lunedì alle 18:00

Triestina logoBOLZANO – A Bolzano va in onda il suicidio alabardato, a confermare l’ormai conclamata avversione degli uomini di Sannino per le trasferte che, all’inizio del campionato, sembravano l’arma vincente. Anche in Alto Adige la squadra alabardata comanda il gioco per gran parte della partita ma incorre in un paio d’incertezze determinanti sul risultato.
Di questo passo la classifica diventa, per la ressa che c’è dalle sue parti, un tantino pericolosa per l’obiettivo della società che, oggi, si fa un po’ più lontano.
E dire che al “Druso” le cose avrebbero potuto mettersi in discesa dopo pochi minuti quando Mensah rubava palla al limite dell’area e partiva verso il portiere avversario, lo saltava ma si allungava troppo lateralmente la palla e permetteva il recupero dei difensori.
Non andava meglio a Petrella che provava la girata finita alta e poi, alla mezz’ora, ad Arma, imbeccato da un lungo invito di Lambrughi, il cui colpo di testa era alzato sopra la traversa dal portiere Offredi. In conclusione di tempo, ancora Petrella: si accentra e con un sinistro a rientrare, incoccia il palo lontano.
Il Sud Tirol sembra stare a guardare ma, alla ripresa del gioco piazza il colpo: Gyasi s’infila nel centrocampo alabardato, lascia tutti indietro e, alle soglie dell’are, apre per Costantino che in diagonale brucia Miori: terza rete dell’attaccante alla Triestina, come in Coppa e all’andata.
Triestina subito in avanti, Petrella in mischia prova senza fortuna di testa ma ci vuole un intervento di Miori sui piedi di Costantino per impedire il raddoppio.
Arriva invece il pareggio per una trattenuta in area su Mensah: dal dischetto, proprio come all’andata, Bracaletti trasforma con un destro preciso a fil di palo.
La Triestina prova a vincere, il Sud Tirol si affida a qualche contropiede e, a poco dalla fine, sugli sviluppi di un calcio d’angolo, Bajc va per respingere con decisione, invece svirgola il pallone che si alza e conclude la parabola a fil di palo, con Miori che può solo guardare. Beffa crudele perchè almeno un punto ci stava comodamente.
Prossimo appuntamento, in notturna, lunedì prossimo al “Rocco” con il Mestre.

Guerrino Bernardis per Radio City Trieste

Commenti e reazioni nel corso di SPORT IN THE CITY in onda dalle ore 18 di lunedì su www.radiocitytrieste.it