In collaborazione con TSportintheCity – articolo di Francesco Freni
PALLACANESTRO TRIESTE – TRAPANI SHARK: 93-98
Trieste: Bossi, Ross 10., Deangeli (k), Uthoff 12, Ruzzier 9, Campogrande, Candussi 9, Brown 25, Brooks 5, Johnson 7, Valentine 16, Paiano n.e.
Allenatore: Jamion Christian. Assistenti: Francesco Taccetti, Francesco Nanni, Nick Schlitzer.
Trapani: Notae 14, Horton 12, Robinson 17, Rossato 10, Alibegovic 8, Galloway 20, Petruccelli 11, Yeboah 5, Mollura (k) n.e., Pleiss 4, Gentile, Pullazi n.e.
Allenatore: Jasmin Repesa. Assistenti: Andrea Diana, Alex Latini
Arbitri: Rossi, Borgioni, Dori.
TRIESTE – Le parole di Jasmin Repesa al termine della partita fra le due neopromosse d’alta classifica riassumono lo spettacolo al quale i 6088 ufficialmente presenti al PalaTrieste si sono goduti in un vero saliscendi di emozioni durato quaranta minuti: “Partite come questa sono uno spot per la nostra pallacanestro“. Certo, i due punti hanno preso una direzione opposta a quella che avrebbero sperato almeno 5700 di quei 6000, ma è indubbio che la qualità esibita dai giocatori di entrambe le squadre e la pura gioia che donano agli amanti del basket le giocate che sono in grado di inventarsi ed eseguire ad un livello simile alla perfezione rendono questa partita una fra le migliori delle quali le volte lignee del palazzetto triestino siano mai state testimoni.
Certo, si potrà dire che i ritmi vorticosi, il ricorso spasmodico al tiro da tre punti o agli attacchi al ferro, con abbandono quasi totale dei floater o degli “arresto e tiro” dai quattro metri, dei giochi spalle a canestro in post basso, delle difese a zona, di un po’ tutte quelle soluzioni ad alto tasso tecnico tradizionale che i nostalgici del basket degli anni 70 e 80 ancora bramano, rendano queste partite un po’ tutte uguali ed alla fine noiose.
Trieste-Trapani è la dimostrazione che non è proprio così, o perlomeno non sempre: quando gli attori protagonisti sono di questo livello anche questa versione moderna del corri e tira risulta godibile ed emozionante.
Per dire, il 59-62 con il quale Reggio Emilia è passata al Taliercio probabilmente avrà provocato qualche sbadiglio in più all’osservatore neutrale, ma questo non fa che porre ulteriormente l’accento sull’incontrovertibile fatto che l’aggiunta di due realtà come Trieste e Trapani, così diverse fra loro, sia un grande valore aggiunto per l’intera Serie A.Fatta questa doverosa premessa, è però necessario analizzare come la squadra siciliana, oggi, sia evidentemente più avanti rispetto a quella triestina in quanto a completezza del roster, centimetri, chili e qualità quando conta.
E, forse, anche in una conduzione tecnica che, dopo otto partite, fa valere la sua maggiore esperienza in questa categoria.
La vittoria di Trapani, alla fine, non fa una grinza soprattutto per la sua capacità, non casuale perchè ripetuta più volte in passato, di saper incassare le fiammate avversarie, magari finendo sotto nel punteggio, per poi reagire in modo poderoso e letale sfruttando le proprie debordanti individualità, da Robinson a Notae e Galloway, che costituiscono uno “special team” incaricato di risolvere in autonomia le situazioni più ingarbugliate.
Trieste non può rispondere ad armi pari, essenzialmente perchè (a differenza di quanto afferma coach Christian in sala stampa più per allineamento corporate che per intima convinzione) la sua squadra è troppo corta, arriva negli ultimi cinque minuti di ogni partita in affanno perchè non può fare affidamento su tre giocatori che in modo evidente non godono della fiducia dello staff tecnico ed è ulteriormente accorciata dalla patologica e perdurante assenza di Justin Reyes. Un Justin Reyes che servirebbe a questa squadra come l’aria, per la sua capacità di ricoprire efficacemente almeno due ruoli, ma che non va a referto ormai da tre partite dopo aver saltato l’intera pre season e le prime quattro partite di campionato.
Nessuno pretende ovviamente che vengano pubblicate le radiografie delle sue cartilagini articolari e, conoscendo ed accettando la proverbiale riservatezza del club, nessuno pretende comunicazioni simili a quelle del coach di Trapani che descrive minuziosamente l’infortunio sofferto da John Petrucelli nel secondo tempo azzardandone anche una prognosi, d’altro canto, a questo punto, la questione non potrà essere ignorata ancora a lungo ed un po’ di chiarezza, a beneficio di tutti, andrà fatta.
Il campionato, dopo l’assestamento iniziale, ha cominciato infatti a restituire i veri rapporti di forza fra le squadre, e la verità è che a Trieste, pur potendo realmente competere quasi alla pari con chiunque, manca quella completezza che la possa rendere anche vincente oltre che bella da vedere nel lotto delle favorite: i due big match con Trento e Trapani avrebbero facilmente potuto finire in modo diverso più grazie alla reazione nervosa di una squadra incapace di arrendersi, ma l’evidenza incontrovertibile è che Trento e Trapani siano arrivate negli ultimi minuti decisivi con riserve di energia e di lucidità che gli stremati giocatori biancorossi, protagonisti di poderosi sforzi per recuperare situazioni compromesse, non hanno potuto pareggiare.
Lascia un po’ perplessi anche una certa rigidità nelle scelte dei quintetti, specie quando l’andamento dell’incontro ed il rendimento dei giocatori suggerirebbe di deviare dal piano partita scientificamente programmato per cavalcare prestazioni di giocatori che si rivelano maggiormente efficaci: il riferimento all’uscita sul più bello di Ruzzier, nuovamente protagonista della illusoria rimonta nella quarta frazione con due triple, un recupero ed un paio di assist, per far posto negli ultimi quattro minuti ad un Colbey Ross nuovamente fuori fase, braccato dalle fameliche guardie avversarie, inconcludente al tiro e farraginoso nella costruzione del gioco è naturalmente ben poco casuale, ma Coach Christian difende la scelta dimostrando se non altro granitica coerenza.
Anche rinunciare per quasi tutto il secondo tempo all’utilizzo di entrambi i cinque di ruolo, se da un lato priva la squadra di due giocatori che nel primo tempo erano stati fra i più positivi al tiro e come presenza sotto canestro, affidandosi interamente nel pitturato a Uthoff e Brooks, dall’altro costringe Repesa a mettere a sedere Pleiss ed utilizzare Horton con il contagocce e coincide, tutto sommato, con l’azzeramento del gap esterno che aveva raggiunto i 12 punti nel terzo quarto. Però, alla fine, il quintetto piccolo trapanese fa letteralmente a pezzi la difesa triestina indirizzando definitivamente il risultato e dunque la scelta, se vista esclusivamente in termini utilitaristici, ha pagato ben poco.
A proposito di esterni, il solito immenso Markel Brown non può continuare a fare pentole e coperchi per tutti e quaranta minuti: è lui infatti l’unico che mostra continuità di rendimento dall’inizio del campionato, mostra carattere e dà coraggio ai compagni. Ma avrebbe bisogno di spalle altrettanto continue, che al momento latitano.
Il riferimento a Denzel Valentine è naturale: l’ex Chicago per trenta minuti fa disastri, perde palloni banali, litiga ostinatamente con il ferro, è per la prima volta talmente sfiduciato da rinunciare addirittura a tiri aperti, salvo poi resuscitare nel momento di climax esaltandosi ed esaltando i 6000 a suon di triple che donano addirittura un illusorio vantaggio.
Pretendere un’interpretazione diversa dal “barba” significherebbe chiedergli di snaturare una intera carriera, per cui tanto vale rassegnarsi: Valentine è quel giocatore che ti farà maledire il momento che hai deciso di andare ad assistere ad una partita di basket tifando la squadra per cui gioca, per poi convincerti che la pallacanestro è il gioco più bello del mondo dieci minuti dopo.
Ma che le bocche da fuoco annunciate di Trieste abbiano le polveri bagnate è da ascrivere anche alla poderosa difesa messa in campo per la maggior parte del tempo (di certo quanto contava di più) da parte degli Sharks, che eccettuate alcuni fugaci momenti di amnesia, rimangono concentrati e piegati sulle gambe, riuscendo a non farsi battere praticamente mai negli uno contro grazie agli “show” dei suoi lunghi che generano costante superiorità fisica, ma anche riuscendo a sporcare ogni singola linea di passaggio in modo da rendere praticamente mai semplice la conclusione da lontano con tiri aperti.
Riuscire a realizzare comunque 93 punti contro questa organizzazione difensiva, oltretutto anche con percentuali al tiro sotto media, risulta comunque confortante, sebbene manchi, per l’appunto, lo step decisivo.
Per contro, è proprio la difesa dall’altra parte del campo, sotto il canestro triestino, a rivelarsi il vero ago della bilancia. Lo ammette anche un discretamente irritato Jamion Christian in sala stampa: quasi nulla di quanto era stato provato e riprovato in settimana è stato poi messo in pratica contro l’attacco di Trapani, troppi i tiri aperti da tre concessi, troppi i tagli dal lato debole facilmente pescati dal playmaker, troppe le seconde chance concesse a rimbalzo.
Alla fine, 97 punti concessi in casa significano sconfitta pressoché certa.
Il bicchiere, descritto così, sembrerebbe inesorabilmente mezzo vuoto. Naturalmente, non è così: Trieste, pur senza dare mai l’impressione di potersi impadronire definitivamente dell’inerzia anche sul +4 e palla in mano a tre minuti dalla fine, riesce infatti a non deragliare mai nemmeno nei momenti di maggiore difficoltà, durante i break di Trapani che la ricaccia anche a -12.
Questa squadra ha carattere e non si arrende mai, come del resto successo anche a Trento. Anch’essa, come gli avversari, quando necessario si affida all’estro dei suoi solisti, che per una volta (oltre al “barba”) rispondono al nome di Michele Ruzzier e Jarrod Uthoff, riuscendo a tenere sempre vivo l’incontro ed arrendendosi esclusivamente alla sirena finale.
I biancorossi si lanciano generosamente su ogni pallone, sgomitano e fanno a sportellate a rimbalzo, costringono gli avversari ad improvvisare, il loro linguaggio del corpo non tradisce mai frustrazione o rassegnazione.
E’ per questo che, anche dopo la seconda sconfitta consecutiva in uno scontro diretto, i biancorossi escono meritatamente fra gli applausi convinti del pubblico.
Ora arriva la pausa per la Nazionale che porta in dono quindici giorni quantomai necessari per rifiatare, recuperare energie ed accumularne altre nelle gambe in vista del rush finale del girone d’andata: arrivare fra le prime otto costituirebbe già un primo obiettivo stagionale minore, ed il fattore riserva di benzina comincia ad essere determinante.
Poi, trasferta in Sardegna, Brescia e Venezia in casa intervallate dalla sfida alla Virtus a Bologna.
Da Thanksgiving a Natale verrà definitivamente delineata la vera dimensione della Pallacanestro Trieste unopuntozero. Poi, si vedrà.
(diritti riservati TSportintheCity)
Crediti: foto Panda Images