In collaborazione con TSportintheCity – articolo di Francesco Freni
PALLACANESTRO TRIESTE – UNAHOTELS REGGIO EMILIA: 85-97
Pallacanestro Trieste: Bossi 4, Ross n.e., Reyes 7, Deangeli (k), Uthoff 24, Ruzzier 10, Campogrande, Candussi 3, Brown 11, Brooks n.e., Johnson 13, Valentine 13.  Allenatore: J. Christian. Assistenti: F. Taccetti, F. Nanni, N. Schlitzer.
Reggio Emilia: Barford 12, Gallo n.e., Winston 28, Faye 13, Gombauld, Smith 9, Uglietti 2, Fainke n.e., Vitali 12, Grant (k) 7, Chillo 3, Chetham 11.
Allenatore: Dimitrios Priftis. Assistenti: Federico Fucà, Giuseppe Di Paolo.
Arbitri: Sahin, Galasso, Capotorto.

TRIESTE – Alla fine, vince l’influenza. Per carità, Reggio Emilia è una gran bella squadra, completa in ogni reparto, con un paio di individualità che la collocano ai limiti dell’eccellenza, e si impone con assoluto merito per aver saputo dosare le forze, ruotare gli uomini ed eseguire i giochi in attacco nel modo più adeguato al momento giusto approfittando delle difficoltà e degli errori triestini nella prima partita nella quale la squadra di Christian evidenzia sbavature difensive inedite e non riesce quasi mai ad imporre il suo gioco in attacco.
Però non si può certo ignorare il fatto che per un “mezzo” Justin Reyes in più nel motore Christian rinuncia a Colbey Ross (leggero risentimento ad un polpaccio per lui) e Jeffrey Brooks (vittima di uno stato influenzale in settimana), cui si aggiunge ad inizio ripresa anche Francesco Candussi uscito e non più rientrato all’apparenza a causa di un guaio muscolare alla gamba destra.
I biancorossi di casa hanno seriamente rischiato di dover rinunciare anche a Jarrod Uthoff per un malanno patito in settimana, ma l’impressione è quella che per intaccare la tempra dell’uomo dell’Iowa sia necessaria più una carabina che un virus.
I suoi 24 punti conditi da 11 rimbalzi, due stoppate ed una prestazione difensiva che lo ha visto fermare giocatori avversari in ogni ruolo, per un 34 di valutazione finale, è il commento più eloquente sulla sua determinazione.
Trieste, come del resto ampiamente dimostrato durante la pre season, è però perfettamente in grado di reagire con raziocinio a difficoltà ed assenze, riassestando le rotazioni e tirando fuori soluzioni nuove (e uomini della panchina) tenendo sempre alta l’intensità e l’atteggiamento aggressivo in ogni singola azione difensiva affidandosi magari maggiormente a qualcuna delle individualità “superstiti”.
L’impressione, però, è che contro Reggio Emilia le assenze siano state decise proprio in prossimità della palla a due -del resto sia Brooks che Ross avevano regolarmente svolto il riscaldamento- e che talune rotazioni siano state dettate più dall’improvvisazione sul momento che da un piano partita di emergenza.
Da aggiungere che finora in campionato Trieste ha fatto ruotare sette uomini e mezzo, e perciò ci si poteva attendere un principio di affaticamento generale, specie contro una squadra fisicamente debordante come Reggio Emilia.
Ciò nonostante, finché l’acido lattico concede alle gambe la massima reattività e di conseguenza al cervello la massima lucidità, la squadra di Jamion Christian riesce ad inceppare l’attacco di Reggio Emilia soprattutto nel primo quarto, correndo ad un ritmo forsennato e mantenendo una percentuale nel tiro da tre ben oltre il 60% con un numero di tiri che supera ben presto la decina e toccando ad un certo punto addirittura i 12 punti di vantaggio.Ma la coperta è, inesorabilmente, cortissima. Fa il suo esordio in campionato Stefano Bossi, che realizza una tripla sulla sirena del ventiquattresimo secondo ma soffre enormemente negli uno contro uno mettendo inesorabilmente in ritmo le guardie emiliane, Winston su tutti.
Entrano per qualche minuto anche Deangeli e Campogrande, che però vengono coinvolti pochissimo in attacco -con il secondo che rifiuta anche un paio di “suoi” tiri aperti- e sembrano intimiditi in difesa.
Reyes, il cui impiego era stato probabilmente programmato già per questa partita ma con un minutaggio decisamente minore, è costretto agli straordinari anche sotto canestro, mostrando però una tenuta fisica ed uno stato di forma del tutto approssimativi (anche lui, peraltro, pare sia stato fermato come i compagni in settimana da un qualche malanno fisico che gli ha impedito di allenarsi con continuità in un momento cruciale per il suo recupero), sebbene per come si muove con sicurezza sulle gambe non mostri di essere particolarmente preoccupato dello stato delle ginocchia convalescenti.
Cresce a vista d’occhio, invece, la convinzione di Jayce Johnson, così come la consapevolezza di ciò che gli viene chiesto sul campo.
Il californiano rimane grezzo dal punto di vista tecnico, macchinoso nelle conclusioni ma compensa tali difetti con un atteggiamento aggressivo che gli permette di arginare la debordanza atletica di Faye (anche lui non certo un diamante dal punto di vista tecnico), di catturare rimbalzi con tempismo e senso della posizione ed in generale di mostrare quella faccia cattiva che piace tantissimo alla gente, che infatti gli tributa scroscianti applausi più per l’atteggiamento che per l’efficacia effettiva.Le cattive notizie arrivano già a partire dal secondo quarto, durante il quale il pitturato triestino viene attaccato con più continuità dagli esterni emiliani, che sfruttano gli “show” che portano Johnson lontano da canestro per attaccare soprattutto dal lato debole ed iniziano anche ad alzare notevolmente la percentuale da oltre l’arco.
Trieste regge in attacco, toccando quota 50 all’intervallo, ma si ha la nettissima impressione che l’inerzia di una partita che vede Reggio Emilia realizzare trenta punti in dieci minuti sia totalmente nelle mani degli ospiti. La squadra di Christian raschia sul fondo del barile dell’energia ed inizia la ripresa in modo spumeggiante sorprendendo avversari che ripiombano nuovamente ad otto punti di distanza, ma è un fuoco di paglia. Valentine non è il chitarrista di Casale e sbaglia anche un paio di tiri aperti, Markel Brown si spegne alla distanza, Michele Ruzzier abbassa definitivamente le percentuali che gli avevano permesso nella prima metà di partita di tornare ad essere il terminale offensivo pericolosissimo dei playoff. Il solo Uthoff è onnipresente: si tuffa sui palloni vaganti, tira fuori magie dalla spazzatura, difende come un forsennato, ma non può bastare, anche perchè Reyes fa poco più che camminare in campo diventando insolitamente timido anche nelle conclusioni, che evidentemente non sente ancora nelle sue corde senza la sicurezza da killer che gli appartiene. Quando Johnson fallisce una schiacciata imperiosa in entrata subendo un evidente contatto (ingnorato dagli arbitri) che lo costringe a tornare negli spogliatoi per una medicazione e contemporaneamente il suo solo backup Francesco Candussi esce zoppicando presumibilmente per un risentimento muscolare ad una coscia, la luce si spegne definitivamente. Johnson rientrerà, ma non incide e viene accantonato definitivamente. Trieste finisce la partita solo con gli esterni e con Uthoff e Reyes a tentare di presidiare il pitturato, però è decisamente troppo poco, anche perchè se tenti con gli esterni di arginare i lunghi sotto canestro lasci chilometri di vantaggio alle guardie avversarie, e viceversa quando tenti di difendere forte sul perimetro: Reggio Emilia riesce a prendersi tre possessi di vantaggio e da quel momento inizia a giocare anche con il cronometro, innervosendo gli avversari che con il passare dei minuti scelgono di affidarsi esclusivamente al tiro da tre, che però si inceppa ostinatamente senza più riapparire fino alla fine. Cheatam, Vitali e Winston sono delle sentenze da fuori, e la partita scivola via senza possibilità di essere più riacchiappata per la coda. Finisce con un giallo figlio di un evidente quanto grave errore arbitrale: partita quasi finita, chiaramente nelle mani di Reggio Emilia che però, giustamente, spinge fino all’ultimo secondo disponibile per prendersi quanti più di punti di vantaggio sia possibile in vista della partita di ritorno e della possibilità di dover difendere la differenza canestri (del resto, la differenza canestri con Reggio Emilia decretò di fatto la retrocessione due anni fa, elevando all’ennesima potenza l’importanza di tale particolare). Mancano una decina di secondi, rimessa dal fondo di Trieste che sta per superare la linea di metà campo, ma con almeno 7 secondi ancora sul cronometro suona la sirena per un’evidente errore del tavolo. Qualcuno si ferma, gli arbitri si girano, la palla continua a viaggiare finendo nelle mani di Campogrande che peraltro subisce un evidente fallo che gli impedisce di tirare. Il gioco, per quasi tutti, era fermo e sarebbe stato ovviamente giusto far ripartire l’azione con i secondi che mancavano al momento del maldestro suono della sirena. Breve conciliabolo fra i tre in grigio, che incredibilmente decidono di averne avuto abbastanza alle 21:45 di una domenica sera, mandando tutti negli spogliatoi fra sonore bordate di fischi (a loro indirizzati). E’ sperabile che il destino non incroci nuovamente le strade di queste due squadre, altrimenti questi sette secondi potrebbero diventare una pietra miliare della stagione, ed anche un ulteriore segno della qualità di una classe arbitrale evidentemente più preoccupata di preservare i diritti dei campioni più celebrati che di rispettare il regolamento alla lettera.
I musi lunghi quando il risultato pare ormai maturato già durante la partita, ed anche in sala stampa, danno la misura di quanto questi giocatori ci tengano a vincere realmente tutte le partite, accettando malvolentieri ogni situazione che possa portarli ad un risultato diverso, senza peraltro andare mai alla ricerca di scuse o attenuanti. E’ un atteggiamento che piace, ed infatti la squadra esce sotto gli applausi scroscianti dei 5708 spettatori paganti (ad occhio, i presenti sono molto vicini ai 6000). Apparentemente, i malanni che hanno provocato le assenze di Brooks e Ross sono di poco conto e non impediranno loro di preparare al meglio la prossima trasferta sul campo di una Treviso che anche oggi viene sconfitta al Palaverde da Trento facendo registrare il terzo passo falso consecutivo. Reyes aumenterà i carichi di lavoro ed il suo stato di forma non può che migliorare. Rimane solo da valutare lo stato della gamba di Candussi: lasciare da solo Johnson nel ruolo di “5” potrebbe infatti diventare un problema di difficile soluzione, ma perlomeno ora ci saranno cinque giorni di lavoro per preparare un piano partita che tenga conto di una sua eventuale assenza sabato prossimo.

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Crediti: foto Panda Images