PORDENONE – E’ stata la serata che in questa stagione musicale non poteva assolutamente mancare. Un quadro perfetto sin dal luogo che ha ospitato i concerti, il Parco San Valentino di Pordenone, una piacevole oasi verde urbana che ha dato la marcia in più a tutto il contesto.
Partiamo dal principio però, dalla base, dalla manifestazione del Pordenone Blues Festival quest’anno giunto alla XXVII edizione confermandosi come evento solido e ben organizzato. Quest’anno nuovamente per diversi giorni consecutivi la città si è immersa nello spirito dei grandi eventi accogliendo oltre che numerosi spettatori anche moltissimi partecipanti attivi ai vari eventi collaterali.
Ci sono state proiezioni, contest, musicisti di strada ovvero i buskers provenienti da ogni dove, e incontri vario genere. Blues, musica e divertimento non sono mancati e i grossi concerti del parco hanno chiuso le serate proprio come le grandi manifestazioni devono fare.
Ecco quindi che si accendono i riflettori del palco per le stelle del cartellone ricco anche questa volta per mantenere alta la qualità delle passate edizioni.
La calda voce di Anastacia ha aperto le danze giovedì 5 luglio mentre il giorno successivo due esclusive nazionali dei Dr. Feelgood e Glenn Hughes hanno mantenuto calda l’atmosfera.
Chiusura con il botto sabato 7 luglio con tre nomi di tutto rispetto per un numeroso pubblico che ha preso posto con largo anticipo per non perdersi nulla.Il primo a salire sul palco è stato uno stagionato ma non per questo ammuffito Watermelon Slim. Un set di blues grezzo, rurale. Un viaggio alle radici del genere dove tutto è ridotto all’osso. Poche cose ma essenziali per questo bluesman vecchio stile che solamente con armonica, oppure slide guitar, e ovviamente voce ha condotto il pubblico in un fantastico viaggio negli States che ci immaginiamo ogni volta che le note di questo genere iniziano ad insediarsi nelle nostre orecchie. Il pubblico apprezza, si gode lo spettacolo seduto nel prato e tiene il ritmo con mani o piedi. È impossibile trattenersi.
Un necessario cambio palco prepara la strada alla seconda stella, ovvero Lee Fields & The Expressions per Soul di classe come solo i grandi possono permettersi.
Introduzione strumentale di rito come richiede il genere e si fa spazio al Soul man di questa sera. Un’orchestra di uomini bianchi vestiti con eleganti abiti scuri e un uomo di colore dalla voce calda, vestito in abito bianco. Che spettacolo, per occhi e per orecchie. Per non parlare del cuore, avvolto nel calore della performance.
La sera sta calando su di noi, gli alberi aiutano ad anticipare un poco il buio e le stage light invadono il palco facendo decollare lo spettacolare set. La gente è carica al punto giusto, l’atmosfera è di quelle che non provavo da tempo, ed è ora degli headliner.
Salgono sul palco i Level 42, britannici di passaggio in Italia per l’unica data. Mark King (basso e voce) e Mike Lindup (tastiere e voce), sono gli unici membri rimasti da quel 1979 quando si sono formati.
Ora nella band oltre ad un esplosivo batterista e tre super fiatisti, troviamo anche Nathan King, ottimo chitarrista fratello del fondatore Mark, nella band dal 2001.
Inutile dire che i brani più attesi sono le hit degli anni ’80 che li hanno resi famosi, quindi ecco Running in the family suonata subito come terzo brano di set list, Something about you e Lessons in love verso la fine. Ma i Level 42 sono anche molto altro, in primis ottima musica suonata in modo eccellente e il pubblico lo sa e non si perde un colpo per tutto il set.
Alla fine tra la gente sento solo commenti entusiasti e sguardi appagati.
Cristiano Pellizzaro per RadioCityTrieste
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